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“Guerra? Vedremo”. Corea del Nord, la reazione di Donald Trump all’ennesima provocazione (nucleare) di Kim Jong-un

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La crisi del 38esimo parallelo è una eredità del secolo scorso durante il quale le ideologie erano il principale piano di scontro tra le potenze grandi e piccole. E, ancora oggi, il quadrante coreano è fonte di preoccupazione. Dopo l’ennesima provocazione da parte del leader nordcoreano, Kim Jong-un, arriva la risposta del nemico di sempre, la Corea del Sud. Seul mostra i muscoli al ‘piccolo’ dittatore simulando, in un’esercitazione realizzata con munizioni reali, un attacco sul poligono di tiro nucleare nordcoreano, colpendo “obiettivi scelti nel Mar del Giappone”. A riferirlo è l’agenzia ufficiale sudcoreana Yonhap. “Le manovre sono state compiute in risposta al sesto test nucleare del Nord e hanno implicato il missile balistico sudcoreano Hyunmoo oltre ai caccia F-15K”, ha scritto Yonhap citando lo stato maggiore interforze sudcoreano. Gli obiettivi erano a una distanza equivalente a quella del poligono di tiro nucleare nordcoreano di Punggye-ri, nel Nord-Est del Paese. Insomma, il vicino democratico di Kim non ci sta, la misura è colma ed è comprensibile lo stato d’animo dei sudcoreani, da decenni costretti a convivere con un vicino preoccupante, inaffidabile. (continua dopo la foto)


Ma, ovviamente, è l’intera comunità internazionale a trattare con la massima urgenza e priorità le velleità del leader di Pyongyang. “Come risposta alla grande prova di forza e coordinamento dimostrata da americani, coreani e giapponesi” la Corea di Kim Jong-un ha effettuato l’ennesimo test atomico, il sesto dal 2006, il più potente. Nella giornata di lunedì riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, richiesta da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Giappone e Corea del Sud. Ma è sul presidente americano che sono puntati gli occhi degli osservatori di tutto il mondo. “Vedremo”, risponde l’inquilino di Pennsylvania Avenue a chi gli chiede se gli Stati Uniti attaccheranno la Corea del Nord. Il capo del Pentagono, Jim Mattis, svela: “Non puntiamo al totale annientamento della Corea del Nord – dice – ma abbiamo molte opzioni militari per farlo”. Al tempo stesso c’è il punto di vista della Russia di Vladimir Putin che mette in guardia da azioni militari. È la ‘valanga’ di tweet di Donald Trump ad attirare l’attenzione. Pochi minuti dopo riapre con gli stessi punti di sospensione e aggiunge: “… La Corea del Nord è una nazione canaglia, sta diventando una grande minaccia e un imbarazzo per la Cina che sta cercando di aiutare, ma con scarso successo”. (continua dopo le foto)

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La novità rispetto a qualche settimana fa è che l’opzione militare non viene più esclusa, stando alle informazioni e retroscena che arrivano da Washington. Dopo aver punzecchiato Pechino, il presidente americano conclude con un pressante ‘io li avevo avvertiti’, e cinguetta: “La Corea del Sud lo sta capendo adesso, io glielo avevo detto che il dialogo non funziona, che la Corea del Nord capisce una cosa sola”. Poi, più tardi, il minaccioso “vedremo” a chi gli chiedeva dell’attacco. Trump lo ha detto uscendo dalla chiesa di St. John, dove si era recato con la First Lady Melania per la giornata della preghiera. Tuttavia, non sarà facile per Trump mobilitare le forze armate, soprattutto dopo la presa di posizione di Putin (annunciata in una telefonata con il premier giapponese Shinzo Abe), che ammonisce: nessuna avventura militare, per la Corea del Nord serve una soluzione “esclusivamente politica e diplomatica”. Sta di fatto che il test di Pyongyang è stata una provocazione diretta agli Stati Uniti. Trump aveva minacciato il dittatore nordcoreano il 9 agosto scorso dopo l’ennesimo test missilistico. Il 22 agosto quando la Corea del Nord aveva rinunciato a colpire l’isola americana e le basi militari di Guam, Trump l’aveva preso come un segnale: “Kim Jong-un ha iniziato a rispettarci”. Infine aveva chiarito che era inutile negoziare con Pyongyang che “prende in giro gli Usa da 25 anni”.

Kim Jong-un terrorizzato, come non lo avevamo mai visto prima. Misure di sicurezza aumentate, precauzioni di ogni tipo, apparizioni ridotte. Ecco cosa teme il leader nordcoreano

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