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“La variante di New York”. Covid, gli esperti: “Ha già colpito il 12% della città”

  • Salute

Una nuova forma di coronavirus si sta rapidamente diffondendo a New York. Lo hanno annunciato i ricercatori del Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons, secondo quanto riporta il New York Times. La nuova variante, denominata B.1.526, è stata identificata la prima volta in campioni raccolti a New York a novembre e, entro la metà di febbraio, ammontava al 12% dei casi rilevati nella città. Secondo i ricercatori, la variante potrebbe indebolire l’efficacia dei vaccini.

Lo ha rivelato il New York Times citando due studi che però non sono ancora stati rivisti da altri scienziati o pubblicati su un giornale scientifico: il primo dell’università Caltech nel Golden State, postato online martedì, il secondo di un gruppo di studiosi della Columbia University. I pazienti contagiati sono in media di circa sei anni più vecchi e hanno più probabilità di essere ricoverati in ospedale. L’allarme lanciato è di quelli da far gelare il sangue e soprattutto gli entusiasmi per la campagna vaccinale. E infatti, scrive testualmente il NYT, “in città i casi sono scesi molto più lentamente che nel resto degli USA”. E il quotidiano continua… (Continua a leggere dopo la foto)


La nuova variante, chiamata B.1.526 ha caratteristiche simili a quelle trovate in Brasile e Sud Africa che hanno mostrato delle debolezze nell’efficacia del vaccino (“have been shown to weaken the effectiveness of vaccines”). Intanto arrivano buone notizie dalla California che nel giro di due settimane California ha dimezzato il numero dei contagi giornalieri ed è diventato lo Stato che ha somministrato più vaccini. Il presidente americano ha esteso l’emergenza nazionale a causa del Covid. “Il Covid 19 continua a causare significativi rischi alla salute pubblica e alla sicurezza del Paese. (Continua a leggere dopo la foto)

Per questo l’emergenza nazionale dichiarata il 13 marzo 2020, e iniziata l’1 marzo del 2020, deve continuare a restare in effetto dopo l’1 marzo 2021”, si legge in una nota. Il “lungo Covid”, ovvero gli effetti a lungo termine del coronavirus che colpiscono misteriosamente un numero significativo di pazienti deve essere la priorità delle autorità sanitarie. (Continua a leggere dopo la foto)

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Lo ha detto il direttore dell’Oms Europa, Hans Kluge, in in una conferenza stampa. Kluge ha usato il termine inglese ‘long Covid’ per descrivere un fenomeno diffuso nell’area e cioè che dopo 12 settimane dal coronavirus una persona su 10 contagiata non è ancora in buone condizioni di salute.

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