Sessant’anni tempo di bilanci. E di confessioni. E quella di Luca Barbareschi è destinata a far discutere. L’attore e regista infatti si è raccontato in un lunga intervista a Il Fatto Quotidiano, dove spazia dalla famiglia agli eccessi, dagli amori alle passioni. Tra i passaggi più clamorosi dell’intervista, quello in cui racconta il periodo trascorso a New York a metà degli anni ’70.
“Grandi divertimenti ed eccessi. La droga l’avevo incontrata prima. A Milano girava di tutto. Lsd, mescalina, cocaina, fumo. E noi tutti, come idioti, a drogarci pensando di essere eversivi. L’eroina te la regalavano”.
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Non di meno, e sicuro farà saltare sui banchi, il passaggio su Something Good, l’ultimo film di cui Barbareschi è stato regista. “Avrebbe dovuto essere a Venezia, ma venne rifiutato. La lettera protocollata di Barbera (direttore artistico della mostra, ndr) su carta intestata dalla Biennale la conservo ancora: Il tuo film è rimasto in una short list di film preferiti… Poi scelte drastiche si sono imposte e non facili”.
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Insomma, il film fu scartato, e nella lettera di Barbera si spiegava che venne scartato anche per “l’amicizia nei confronti degli autori”. Barbareschi racconta: “Alzai il telefono e chiamai Barbera: Portatore sano di forfora – urlai -, quando ti facevi le seghe a Torino, io chiavavo Naomi Campbell, pippavo con Lou Reed a Kansas City, aravo con il cazzo il mondo e guadagnavo miliardi, hai capito? Non voglio essere amico tuo, testa di cazzo”.