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”Ti chiedo scusa… E anche se non mi hai mai conosciuto ti voglio bene”. Ai funerali delle vittime del terremoto, tra i tanti fiori, c’è anche questa lettera appoggiata sulla bara di una bambina. Parole sincere da leggere tutte d’un fiato

  • Storie

 

“Ciao piccola, scusa se siamo arrivati tardi”. Inizia con queste parole la commovente lettera scritta da Andrea, un Vigile del fuoco impegnato a scavare tra le maceria di Pescara del Tronto, uno dei paesi maggiormente colpiti dal terremoto che ha devastato il Centro Italia. Andrea ha deciso di scrivere poche righe su un foglio che ha depositato sulla bara di Giulia, una bimba vittima del sisma. La lettera è stata pubblicata su Twitter dell’agenzia Agi.

Andrea è uno dei soccorritori che da giorni scava tra le macerie. Insieme ai suoi colleghi è riuscito a salvare la sorellina di Giulia, Giorgia di 4 anni protetta nel crollo proprio dal corpo di Giulia. Giorgia è stata estratta viva dopo 16 ore. “Ho solo dato una mano a tirarti fuori da quella prigione di macerie – prosegue la straziante lettera -. Scusa se siamo arrivati tardi: purtroppo avevi già smesso di respirare, ma voglio che tu sappia da lassù che abbiamo fatto tutto il possibile per tirarvi fuori da lì”.

(Continua a leggere dopo la foto)


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Giulia è una delle 290 vittime del sisma che ha cancellato interi paesi: Amatrice è ridotta a un cumulo di macerie e lo stesso discorso si può fare per Arquata del Tronto, Accumoli e Pescara del Tronto. Sono i tre paesi che hanno pagato il tributo maggiore. Andrea non si perdona di non essere riuscito a salvarla e ha chiesto “scusa” con un pensiero nel giorno dei funerali.

“Quando tornerò a casa mia all’Aquila – scrive ancora – saprò che c’è un angelo che mi guarda dal cielo e di notte sarai una stella luminosa. Ciao Giulia, anche se non mi hai conosciuto. Ti voglio bene”. E proprio durante i funerali è stata toccante l’omelia del vescovo di Ascoli Piceno, monsignor Giovanni D’Ercole che ha celebrato il rito funebre: “’E adesso, Signore, che si fa?’ Quante volte, nel silenzio agitato delle mie notti di veglia e d’attesa, ho diretto a Dio la stessa domanda che mi sono sentito ripetere da voi in questi giorni. A nome mio, nel nome di questa nostra gente tradita dal ballo distruttore della terra: ‘e adesso che si fa?’ mi sono rivolto a Dio Padre, suscitato dall’angoscia, dall’avvilimento di esseri umani derubati dell’ultima loro speranza”.

Poi si è rivolto a tutti i paesi colpiti, “questo è il saluto che la nostra comunità dà alle 35 vittime qui ma anche alle altre. Il nostro pensiero va ad Accumoli e Amatrice, perché siamo un’unica e sola grande famiglia. Non abbiate paura di gridare la vostra sofferenza, ma non perdete coraggio. Insieme ricostruiremo le nostre case e chiese, insieme ridaremo vita alle nostre comunità, a partire proprio dalle nostre tradizioni e dalle macerie della morte”.

“Sono il sindaco di un paese che non c’è più, sento i miei cittadini urlare sotto le macerie”. Parole, strozzate dalle lacrime ma anche piene di rabbia del primo cittadino di Amatrice, devastata dal terremoto di stanotte. Il video dell’intervista

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