“Non comprate quell’olio d’oliva!”. Quando costa tre euro, qualcosa che non va c’è. Lo ha scoperto la 7, documentandolo con un servizio. Al porto di Livorno, arrivano cento autobotti. Scattano i controlli del contenuto in una. E all’interno, una sorpresa. Disgustosa. C’è una sostanza semi congelata. Un agente ne prende un campione. È olio extravergine oliva. Così si legge nella bolla. Da agricoltura biologica, una miscela di oli che passando per il Portogallo, arriva dalla Tunisia. L’autobotte è una delle cento ferme alla darsena Toscana. Livorno è la porta dell’iItalia per il Mediterraneo occidentale. Da qui arriva olio magrebino. La destinazione del contenuto è un oleificio toscano, per la produzione d’olio extravergine. Made in Italy.
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“Viene utilizzato – spiegano nel servizio – per tagli con prodotto nazionale per spacciarlo come cento per cento italiano”. L’odore c’è, tutto il resto è da vedere. Questo tipo di “olio” tunisino è passato per il Portogallo e poi partito dalla Spagna, per arrivare in Italia. Questo prodotto poi si trova in vendita a un prezzo che varia da tre a cinque euro. Dalla Toscana, il servizio della 7 si sposta in Puglia, per ascoltare cosa ne pensano i produttori italiani d’olio extravergine d’oliva.
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È possibile pagare tre euro un olio extravergine, è la domanda? “La risposta non lascia spazio a dubbi: “Non è possibile – dicono i produttori – poi chi le paga le tasse? Impossibile venderlo a tre euro”. Gli agricoltori del Sud Salento un olio extravergine d’oliva lo possono commercializzare da 8 euro e 50 in su. “Se lo vendono a tre euro, di sicuro è un’altra cosa”. E adesso lo sappiamo tutti.
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