Incendi boschivi dovuti a errori durante le esercitazioni militari con conseguenti incenerimenti di ettari di macchia mediterranea, ordigni in spiaggia tra i bagnanti, nuraghi, testimoni preziosi dell’antica civiltà sarda, utilizzati come postazioni di tiro nelle esercitazioni militari, villaggi preistorici trasformati in parcheggi e in parte demoliti, inquinamento ambientale e patologie diffuse tra gli abitanti delle zone adiacenti a quelle interessate da attività militari, oltre 35mila ettari di terreno vincolati: questo è il caro prezzo che la Sardegna paga da oltre sessant’anni.
Sono diverse le denunce che si sono susseguite negli anni, l’ultima quella del deputato sardo del gruppo misto Unidos Mauro Pili che ha documentato con una serie di foto la devastazione del territorio. Tantissime le manifestazioni popolari reali (la prossima prevista per il 13 settembre a Capo Frasca) e virtuali, come la propagazione su web della campagna “A tirare bombe H sinu” del fotografo cagliaritano Alec Cani contro le servitù militari nella speranza che lo Stato italiano ponga un limite a questo scempio.
Intanto la Regione Sardegna si costituirà parte civile nel processo per grave disastro ambientale nel Poligono interforze del Salto di Quirra, così come ha deciso la Giunta regionale, che su proposta del presidente Francesco Pigliaru ha approvato una delibera che stabilisce la resistenza in giudizio nell’udienza dipartimentale prevista per il 23 settembre. “Si tratta di un’azione dovuta, la Regione ha il dovere di garantire e vigilare sulla tutela della salute e dell’ambiente, diritti sanciti dalla Carta Costituzionale e almeno di pari livello rispetto a quelli della Difesa nazionale”, ha spiegato il presidente Pigliaru.