Su Facebook l’hanno chiamata “troia”. L’hanno invitata a uccidersi. Le hanno augurato di essere stuprata. Solo perché in un post invitava a moderare i commenti contro immigrati e rom.
Francesca Barra, giornalista e scrittrice, racconta oggi su Corriere.it quest’aggressione, ragionando sulle “persone apparentemente per bene” che vomitano bestialità e magari hanno come foto del profilo un tenero bacio tra fidanzatini. Soprattutto, si interroga tra la distanza che c’è tra le parole e i fatti, tra le minacce virtuali e il momento in cui diventeranno pugni veri.
“Le nostre parole – scrive – non sono nostre. Non abbiamo il potere di gestirle, di contenerle in uno spazio solo nostro. Circolano, vengono condivise. Ed è una rivoluzione potentissima ed utile, molto più del male che produce il suo utilizzo deviato. Ma se non saremo in grado di frenarli, se non li denunceremo senza arrenderci, avremo aperto le porte anche di casa nostra. Quella reale”