Lo tenevano segregato, lo torturavano e, per terrorizzarlo, gli facevano sentire la “voce del diavolo”. Ecco cosa faceva una coppia di Arzachena, con la complicità di una zia, al figlio di 12 anni. Il tribunale di Tempio, in Sardegna, ha condannato i tre a otto anni per sequestro e maltrattamenti, tutto avvenuto in quella che è stata ribattezzata la “villetta degli orrori”.
Ciò che colpisce, oltre a quello che veniva fatto al piccolo, sono le motivazioni che hanno spinto genitori e zia a compiere tali gesti. Per i giudici i tre erano mossi da “deprecabile crudeltà nei confronti di un bimbo ritenuto a volte un ostacolo al trascorrere del tempo fuori casa per divertimento”. E ancora, nelle motivazioni della condanna, il giudice Marco Contu spiega: “persone prive del benché minimo senso morale e di umanità, spietate e senza scrupoli, le quali non hanno esitato ad abusare, letteralmente torturandolo, di un soggetto di minore età assolutamente indifeso e alla loro mercé”. (Continua dopo la foto)

Dalle motivazioni della sentenza si scopre che il piccolo era costretto a vivere in condizioni disumane. I genitori lo rinchiudevano dentro una stanza con porte e finestre sbarrate, senza luce né letto e con un secchio dove fare i bisogni. Da mangiare solo del pane raffermo e una bottiglia d’acqua. Serate e nottate intere trascorse così, al buio, e tutto per consentire ai genitori di andarsi a divertire e partecipare a cene e feste in famiglia. Inoltre, per terrorizzarlo, gli aguzzini avevano registrato una voce, probabilmente quella del padre camuffata, la “voce del diavolo”, che facevano sentire al piccolo per tenerlo in uno stato di soggezione con frasi del tipo: “Sono ancora qua, pensavi che me ne fossi andato? No, finché tu proverai odio, rabbia, stizza, bugie io ti darò il tormento, forse proprio stanotte ti trascinerò nelle tenebre dell’inferno“. (Continua dopo la foto)


Fortunatamente il bambino, nella notte del 29 giugno 2019, è riuscito a contattare il 112 tramite un cellulare senza scheda e così i militari hanno posto fine all’incubo. Nessuna attenuante è stata riconosciuta agli autori di queste torture che si erano giustificati dicendo che il piccolo era un po’ troppo vivace. In realtà le ragioni di tale atroce comportamento erano altre: “Non si tratta di follia, ma puramente e semplicemente di cinismo, d’insensibilità e di deprecabile crudeltà nei confronti di un bimbo ritenuto a volte un ostacolo al trascorrere del tempo fuori casa per divertimento” si legge nelle motivazioni dei giudici. La segregazione è stata portata avanti con “accanimento maligno e per certi versi perverso”.