La Corte d’assise di Venezia ha emesso la sentenza tanto attesa: Filippo Turetta, 23 anni, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, 22 anni, uccisa brutalmente con decine di coltellate. L’imputato, reo confesso, è l’unico accusato per questo femminicidio che ha scosso l’Italia.
La quinta e ultima udienza del processo si è aperta con l’entrata della Corte, guidata dal presidente Stefano Manduzio, in camera di consiglio dopo aver dichiarato chiusa la fase dibattimentale. L’udienza, la quinta, prevedeva inizialmente le repliche del Pm, delle parti civili all’arringa della difesa e l’eventuale controreplica, che però non ci sono state.

Omicidio Giulia Cecchettin, Filippo Turetta condannato all’ergastolo
In aula erano presenti sia Filippo Turetta che il padre di Giulia, Gino Cecchettin, insieme ai familiari di entrambe le parti. Giovanni Caruso, difensore di Turetta, ha cercato di stemperare il clima teso stringendo la mano a papà Gino poco prima dell’inizio della seduta. Un gesto che ha suscitato attenzione, soprattutto dopo le polemiche nate dalle parole dell’avvocato durante l’arringa difensiva. Caruso ha replicato il gesto anche con la nonna di Giulia, Carla Gatto, accompagnandolo con queste parole: “La capisco umanamente, ma il mio lavoro non è facile“.

Il processo ha messo in luce il dolore profondo delle famiglie coinvolte. Da un lato, la disperazione per la perdita di Giulia; dall’altro, il peso della responsabilità dell’imputato. Alessio Cecchettin, zio di Giulia, ha espresso il suo dolore e il suo sgomento, evidenziando la mancanza di rimorso da parte di Turetta: “Filippo non ha mai chiesto scusa, non ha mai nominato Giulia. Forse è stata la situazione, ma non capisco il perché”.
Nonostante la tragedia, Alessio ha sottolineato che la famiglia Cecchettin ha cercato di mantenere un atteggiamento dignitoso e rispettoso, anche nei confronti dei genitori dell’imputato: “Noi siamo sempre stati attenti e solidali con i suoi genitori”.

“Ognuna di queste due famiglie ha il proprio dolore. Spero che dalla parte di Turetta si soffra un po’ di più, pensando che Giulia non c’è più, mentre Filippo è qui, anche se andrà in carcere”, ha concluso Alessio Cecchettin, evidenziando il vuoto incolmabile lasciato dalla giovane Giulia.
La condanna all’ergastolo rappresenta un momento di giustizia per la famiglia Cecchettin, ma non cancella la tragedia di una vita spezzata troppo presto. Giulia Cecchettin, vittima di una violenza che avrebbe dovuto essere prevenuta, rimane un simbolo della lotta contro i femminicidi, un dramma sociale che continua a colpire in modo inaccettabile. La storia di Giulia e il processo contro Turetta segnano una tappa importante nella sensibilizzazione verso la necessità di proteggere le donne e garantire loro sicurezza e dignità.