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Tassa del 2% sui prelevamenti di contante dal Bancomat. Ecco cosa sta succedendo

In Italia l’evasione fiscale è uno dei problemi più urgenti da affrontare, non certo lo sbarco dei migranti. Combattere l’evasione attraverso una tassazione diretta dei contanti in favore di misure di sgravio per l’utilizzo dei pagamenti elettronici. Il Centro studi di Confindustria ha messo sul tavolo una articolata proposta che fa discutere e raccoglie critiche, con il fine di scalfire la montagna di 107 miliardi di (stimata) evasione annua fiscale e contributiva.

Una via che, ha dettagliato il Csc, non comporta oneri aggiuntivi netti per la finanza pubblica e può dare “un recupero di gettito attraverso la riduzione dell’evasione fiscale”. Nello specifico, si propone un primo intervento di sconto sulle transazioni elettroniche, con un credito di imposta del 2% al cliente che paga con carta di pagamento. Un secondo intervento è invece costituito da una commissione sui prelievi di contante. Continua a leggere dopo la foto


“Sembra ragionevole assumere di esentare i prelievi mensili fino a 1.500 euro: ciò si traduce in un’esenzione dalla commissione per il 75% dei conti italiani. Applicando una commissione del 2% sui prelievi eccedenti tale soglia – stima il Csc -, si avrebbe un gettito annuale di circa 3,4 miliardi”. In pratica, chi preleva più di quella soglia dovrebbe pagare una tassa al bancomat del 2%. Continua a leggere dopo la foto

“Negli ultimi anni sono stati fatti molti passi avanti in Italia nella lotta all’evasione fiscale, che ha portato gradualmente all’emersione di gettito. Ne è un esempio il recente intervento sulla fatturazione elettronica. Malgrado ciò, la perdita di gettito fiscale e contributivo è stimato ancora sopra ai 100 miliardi di euro (fonte Mef), solo in parte attribuibile a grandi evasori”, ha evidenziato il Csc. Continua a leggere dopo la foto

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“L’Italia è anche uno dei paesi dove meno diffuso è l’utilizzo di carte di pagamento: rispetto a una media europea superiore a 100 transazioni pro-capite annue, in Italia ne vengono effettuate meno della metà”, prosegue il Csc, sottolineando che “l’utilizzo maggiore di metodi di pagamento digitale può far emergere gettito fiscale modificando le abitudini di spesa dei consumatori finali”.

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