Si parla, forse a torto, di due fasi per la poesia di Salvatore Quasimodo: quella “ermetica”, in cui i temi della nostalgia della terra natale, mitizzata come un paradiso perduto, sono evocati dal poeta solitario in paesaggi di classicità mediterranea fuori dal tempo, in un linguaggio rarefatto ed evocativo, e quella più “impegnata” (anche politicamente, a sinistra) nelle tematiche sociali. Questi endecasillabi – del 1942 – aprono la raccolta maggiore, ”Ed è subito sera”, e possono rappresentare il punto estremo della prima fase, dalla voce inconfondibile. Le luci e le ombre, i suoni e i colori di ricordi quasi sognati vi raggiungono un’intensità lirica di grande purezza
Ride la gazza, nera sugli aranci
di Salvatore Quasimodo.
Forse è un segno vero della vita:
intorno a me fanciulli con leggeri
moti del capo danzano in un gioco
di cadenze e di voci lungo il prato
della chiesa. Pietà della sera, ombre
riaccese sopra l’erba così verde,
bellissime nel fuoco della luna!
Memoria vi concede breve sonno:
ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo
per la prima marea. Questa è l’ora:
non più mia, arsi, remoti simulacri.
E tu vento del sud forte di zàgare,
spingi la luna dove nudi dormono
fanciulli,il puledro sui campi
umidi d’orme di cavalle, apri
il mare, alza le nuvole dagli alberi:
già l’airone s’avanza verso l’acqua
e fiuta lento il fango tra le spine,
ride la gazza, nera sugli aranci.