Possono suscitare a seconda della sensibilità, della fantasia o del vissuto di ciascuno, grande fascino o grande inquietudine, di certo non passano inosservate. Sono le vetrine degli ospedali delle bambole. Ammassate in spazi ridotti, raccolte in ceste o abbandonate sugli scaffali fanno bella mostra di sé teste mozzate, collezioni di arti, occhi, gambe, busti, che aspettano di essere utilizzate per il restauro di bambole “cadute in disgrazia”, oggetti preziosi dal punto di vista materiale, ma molto più spesso affettivo. Tra questi luoghi suggestivi, pieni di fascino e storia ce ne sono alcuni famosi. L’Ospedale delle bambole gestito dalla famiglia Squatriti, a pochi passi da Piazza del Popolo, nel centro storico di Roma, è un minuscolo laboratorio di restauro nato dopo la seconda guerra mondiale, quando il nonno Federico, attore napoletano in crisi economica, decise di intraprendere il mestiere del restauratore. Sempre a Roma, vicino a Piazzale Flaminio, la Casa della Bambola è un’altra bottega storica risalente agli anni trenta. Tappa di visite turistiche è l’Ospedale delle Bambole, negozio storico di Napoli, il più antico d’Italia, aperto verso la fine del 1800 da Luigi Grassi e gestito oggi dalla nipote Tiziana. Ha una valenza sociale l’ultimo nato, l’ospedale delle bambole di Pistoia, inaugurato ad aprile 2014. Adulti e bambini insieme con camici e mascherine auscultano, fanno diagnosi e poi curano mettendo i pupazzi a nuovo.È un progetto che oltre al valore ecologico, intende rendere i bambini a proprio agio con ospedali e medici. Aldilà degli aspetti romantici quindi, questi luoghi hanno un importante valore ecologico: prolungare la vita dei giocattoli è un modo per ridurre i rifiuti e gli sprechi, ma soprattutto un modo per insegnare il valore affettivo che possono avere gli oggetti e per combattere il consumismo in età infantile.