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“Prove decisive”. Liliana Resinovich, dopo oltre un anno il caso a una svolta

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Liliana Resinovich, il caso a una svolta. La Procura di Trieste, attraverso una nota, ha fatto chiarezza sulla storia della donna scomparsa il 14 dicembre 2021 e trovata senza vita il 5 gennaio 2022 nell’area boschiva dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni, a Trieste. Un anno di indagini serrate con un enorme bagaglio di polemiche su cui ora sembra calare il sipario. Si legge nella nota della Procura come: “Un esame ragionato dei complessivi risultati dell’indagine – i soli con i quali la procura della Repubblica, ovviamente, è tenuta a confrontarsi – non consente altre ipotesi”.

“E dunque non legittima le illazioni arbitrarie e fantasiose germogliate qua e là nel gorgo mediatico che ha avviluppato questa vicenda e dal quale questo Ufficio s’è doverosamente tenuto lontano”. Tradotto: i magistrati hanno chiesto di archiviare il fascicolo sulla morte di Liliana Resinovich. Dopo oltre un anno di indagini la procura non ha raccolto elementi tali da poter ipotizzare che la donna sia stata uccisa.

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Liliana Resinovich


Liliana Resinovich, la Procura chiede l’archiviazione: “Fu sucidio”

“La sola ricostruzione degli eventi consegnata dagli atti processuali è quella dell’intenzionale allontanamento dalla sua abitazione e dell’altrettanto intenzionale decisione di por fine alla propria vita. Non non è stato possibile appurare se sia vero che la signora sia deceduta lo stesso giorno della sua scomparsa (come molte circostanze in fatto, puntualmente indicate nella richiesta di archiviazione, inducono a supporre)”.

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Quindi continua: “Ose, alternativamente, sia vero che abbia voluto rimanere nascosta un paio di settimane ed abbia deciso di por fine alla propria vita solo pochi giorni prima del ritrovamento (come fa propendere la consulenza medico legale)”. Per la Procura: “non è necessario sciogliere tale dilemma per giungere all’archiviazione della vicenda: è sufficiente constatare che dalle indagini, scrupolosamente condotte, non è emersa, con un minimo di concretezza, alcuna ipotesi di reato specifica e perseguibile ai danni della deceduta“.

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La decisione non sorprende. Decisiva si era rivelata la consulenza medico legale chiesta dalla procura in cui si evidenziava l’assenza di “qualsivoglia segno ragionevolmente riportabile a violenza per mano altrui”, la mancanza “di lesioni attribuibili a difesa” e di altre ferite che avrebbero potuto impedirle di reagire a un’aggressione.


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