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L’Isis teme le guerriere curde: “Chi è ucciso da un donna non ha vergini in Paradiso”

Non hanno nessuna esitazione a decapitare prigionieri inermi, ma quando vedono donne armate se la danno a gambe. I miliziani dell’Isis avrebbero un imbarazzante punto debole, almeno a dare retta ad alcuni rapporti dei servizi segreti americani e britannici svelati a Washington da Ed Royce, presidente Commissione Affari Internazionali della Camera dei Rappresentanti.  “Sembrano credere – ha piegato il politico americano – che se vengono uccisi in battaglia da un uomo vanno in Paradiso accolti da 72 vergini, mentre se a ucciderli è una donna la sorte è differente perché non trovano le vergini”. A diffondere questa convinzione, riportava ieri La Stampa, sono stati i sermoni di alcuni imam salafiti fedeli allo Stato islamico sulla morte in combattimento per mano di una donna.


Lo spauracchio degli jihadisti è il reggimento femminile dei peshmerga curdi, che conta quattro battaglioni. Le soldatesse hanno comunicato ai comandi di Erbil e Suleymania “la propria soddisfazione per essere riuscite a fermare l’avanzata di Isis” senza scontri troppo sanguinosi, e testimoniano di aver visto spesso “combattenti di Isis voltare le spalle e andare via”. Se davvero fosse così, basterebbe rafforzare il reggimento per fermare l’avanzata degli integralisti. Non si può però non considerare che la soffiata arriva dall’Intelligence, per la quale anche ridicolizzare il nemico, evidenziandone un curioso ma chissà quanto vero tallone d’Achille, potrebbe essere una delle tante armi da mettere in campo per vincere la guerra.

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