Matteo Messina Denaro, continuano incessanti le operazioni degli investigatori per scoprire i dettagli della vita del boss. Nelle ore scorse le forze dell’ordine hanno scoperto un terzo covo. Si tratta di un appartamento, vuoto, in cui il boss abitava prima di trasferirsi nella casa di vicolo San Vito, sempre a Campobello. La Polizia di Stato è riuscita ad arrivare al covo attraverso chi gli ha fatto il trasloco, come apprende l’Adnkronos, per andare nella casa in cui ha vissuto fino a pochi giorni fa. Se n’è andato da quella abitazione ai primi di giugno.
Al setaccio tutti possibili indizi. Fra i documenti ritrovati c’e anche un’agenda, di colore bordeaux, come ha scritto il Messaggero. “In essa ci sono con gli appunti del boss di Castevetrano con riflessioni sulla vita e sulla morte. Ma anche cifre con molti zeri. Sono annotati uscite fino a 10 mila euro al mese, e scontrini per cene da 700. La scoperta di questi scontrini ha suscitato qualche interrogativo”.
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Matteo Messina Denaro, cene da 700 euro e 10mila di spese mensili
E ancora: “Perché pare curioso che un boss latitante da quasi trenta anni decida di portare con sé tante tracce dei suoi spostamenti e di eventuali fiancheggiatori. Nell’agenda c’è anche traccia di investimenti a partire dall’anno 2016. In alcune pagine ci sono indizi sulla rete di amicizie. I primi nomi sono collegati alla politica locale. E ci sono anche post-it. Un elenco di località, quasi tutte lontane dalla Sicilia”.
Intanto continuano ad arrivare le razioni dopo l’arresto. Nei giorni scorsi si era parlato di potenziali coperture al boss fornite da ampi strati della borghesia trapanese e della massoneria. A questo proposito è arrivata la nota del Gran Maestro Stefano Bisi, alla guida del Goi, Grande Oriente d’Italia. “Non è emerso alcun ruolo della massoneria in ordine alla latitanza o all’arresto di Matteo Messina Denaro, per cui il ‘gran parlare’ è a sproposito”.
“Non risulta alcun procedimento penale avente ad oggetto la massoneria del Goi o peggio la sua vicinanza alla criminalità – sottolinea il Gran Maestro -, la responsabilità del singolo, ove accertata in via definitiva, resta tale e non coinvolge l’associazione massonica di appartenenza. Il regolamento del Goi prevede delle regole di controllo di rigore, ma esse non possono legittimare attività investigativa paragonabile a quella di una Procura della Repubblica”.