Vedremo se andrà in porto ma sulla carta la riforma scolastica annunciata sembra una vera e propria rivoluzione. Ecco in sintesi i punti principali descritti dal ministro Giannini. L’ingresso dei capitali privati nella scuola pubblica: un’esigenza fin qui bloccata da “pregiudizi ideologici”. L’abolizione del precariato, anzi la “cura definitiva della piaga del precariato” calcificato da decenni di alchimie burocratiche. Eliminare il ricorso alle supplenze, “agente patogeno del sistema scolastico, batterio da estirpare”. Rivedere il rapporto tra istruzione professionale e lavoro secondo il modello tedesco “che funziona bene da trent’anni”. Valutare gli insegnanti per il merito e non solo per l’anzianità: introdurre anche scatti di reddito ma sulla base di una progressione della loro attività professionale. Finanziare la formazione, dunque, poi valutarla e “premiare chi fa, penalizzare chi non fa il suo dovere”. Riunificare cultura e istruzione “per evitare che chi studia restauro finisca in un call centre”, creare scuole di specializzazione collegate a enti culturali sul modello francese. Modificare i programmi: potenziare lo studio di storia dell’arte, musica. Dare un’effettiva libertà di scelta educativa “che nel nostro paese non è mai stata davvero garantita”: sul rapporto con le scuole paritarie evitare le trappole ideologiche, non fermarsi al tema dei soldi, guardare alla bontà dell’offerta formativa. Concentrarsi sulle scuole medie inferiori “che hanno davvero bisogno di cura”.
