Ti dicono “paga le tasse” e hai già poco da stare allegro. Se però non ti fanno sapere come e quanto, alla tristezza subentra una più che giustificata arrabbiatura. Dopo l’Imu, ci risiamo con la Tasi, la nuova Tassa sui Servizi Indivisibili dovuta dai proprietari di case e, in versione più o meno ridotta, dagli inquilini. Ogni Comune fa storia a sé. Pochi virtuosi hanno già definito aliquote e detrazioni la scorsa primavera, incassando la prima rata a giugno e attendendo la seconda a dicembre. Poi ci sono quelli che si sono mossi più tardi, quindi prima rata entro il 16 ottobre, seconda a dicembre. Infine, 3 mila su 8 mila ancora non hanno deciso: devono farlo entro domani e pubblicare la delibera entro il 18 settembre sul sito del ministero dell’Economia e delle Finanze, altrimenti i contribuenti pagheranno a dicembre in un’unica soluzione, con l’aliquota standard. In questo caos, i bollettini precompilati sono una chimera e farsi i conti da soli è impresa ardua: solo un pazientissimo interprete di burocratese saprebbe districarsi, ad esempio, tra le delibere comunali. E così eccoci qua imbufaliti, disorientati e rassegnati malvolentieri all’unica certezza: questa misteriosa Tasi, in un modo o nell’altro, la dovremo pagare.