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Dimenticare il passato è una condanna a riviverlo

Se questo è un uomo” è la poesia che fa da preludio all’omonimo libro di Primo Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987), suo romanzo più famoso, sua opera d’esordio, considerato un classico della letteratura mondiale, inserendosi nel filone della memorialistica autobiografica e nel cosiddetto neorealismo. L’autore, che ha vissuto in prima persona gli orrori di Auschwitz e ai quali sopravvisse perché mandato in un campo di lavoro, racconta con estrema forza la dura esperienza vissuta nei Lager. In “Se questo è un uomo“, scritto tra il 1945 e il 1947,  vengono raccontate le dure regole dei campi di sterminio e le condizioni devastanti dei prigionieri che stridono con la incosciente o noncurante normalità della vita all’esterno. È un crudo spaccato di storia dipinto volutamente a tinte violente con il chiaro intento di “schiaffeggiare” chi tende a dimenticare una realtà così atroce.

Se questo è un uomo
di Primo Levi

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

 


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