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“Quando uno muore in terapia intensiva…”. Massimo Giletti fa riflettere e commuovere sul coronavirus. Cosa è successo

Ha deciso di partire con un messaggio rivolto al padre e a tutte le persone che stanno lottando in questi giorni. In piena emergenza da Coronavirus, Massimo Giletti, aprendo la puntata di Non è l’Arena del 15 marzo 2020, ha voluto fare un discorso personale, ricordando il padre deceduto lo scorso 3 gennaio e, alla luce di quel che sta accadendo oggi con l’emergenza pandemica, la fortuna avuta per averlo potuto accompagnare fino alla fine, anche quando l’anziano (si è spento a 90 anni) è stato messo in terapia intensiva.

Il giornalista e conduttore ha concluso il suo pensiero riservando delle stilettate a Boris Johnson, primo ministro inglese, e a come sia stata gestita la sanità italiana negli ultimi anni. “Lavorare nel nulla non è facile. Anche perché è un programma particolare in cui sentire le persone vicine è importante. Questo vuoto, questo silenzio, questo nulla che ci circonda, mi ha fatto venire in mente una riflessione particolare”, ha esordito Giletti a Non è l’Arena, passando poi a ricordare il padre. (Continua a leggere dopo la foto)


“Io ho perso mio padre il 3 gennaio e probabilmente se non lo avessi perso non direi queste cose. Ho avuto la fortuna di potergli stare vicino fino all’ultimo, era in terapia intensiva dove magari adesso ci sono persone in condizioni disperate, ho avuto la fortuna di abbracciarlo, baciarlo, ho potuto fargli capire che ero lì e in questo momento penso a chi questo privilegio, che fino all’altro giorno appariva normale, non ce l’ha…”. (Continua a leggere dopo la foto)

“Penso a storie di persone che dopo decenni di matrimonio insieme se ne sono andate insieme uno a poche ore di distanza dall’altra”, ha ricordato ancora il giornalista. “Quando sento la protezione civile dare il numero dei decessi, ricordo che di là ci sono sempre persone”, ha aggiunto, prima di chiosare. (Continua a leggere dopo la foto)

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E conclude: “Boris Johnson pensa che siano vecchi, ma io continuo a pensare siano persone. Parlo di persone che hanno costruito questo paese, che grazie alla loro pensione hanno spesso contribuito a tenerlo in piedi, aiutando i propri nipoti. Quello che voglio dire è che se forse in questi anni si fosse investito di più in sanità, avremmo potuto salvare molte di queste persone.”

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