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“Guardate com’è diventato”. Yara Gambirasio, ecco Massimo Bossetti oggi: le immagini mai viste

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Massimo Bossetti, la nuova vinta nel carcere di Bollate: cosa fa e come è diventato

Massimo Bossetti, il muratore di Mapello condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, si trova nel carcere milanese di Bollate. Detenuto dal 2014, l’uomo ha intrapreso un percorso di riabilitazione che lo ha coinvolto in un’iniziativa volta al reinserimento dei prigionieri nel mondo del lavoro. Il reinserimento dei detenuti nella società è un tema centrale nelle politiche penitenziarie moderne e l’opportunità di lavorare e partecipare a programmi di formazione, come nel caso di Bossetti, non solo offre ai detenuti una possibilità di riabilitazione personale e professionale, ma aiuta anche a prevenire il rischio di recidiva.

Condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio, Massimo Bossetti sta scontando la sua pena nel carcere dove è stato assunto, insieme ad altri undici detenuti dalla Coimec, un’azienda per la produzione di lamierini di finitura. Si tratta di un lavoro diverso rispetto a quello che faceva prima del suo arresto, quando era tecnico specializzato nella manutenzione di macchinari per la produzione di caffè.

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Massimo Bossetti, la nuova vinta nel carcere di Bollate: cosa fa e come è diventato


Massimo Bossetti, la nuova vinta nel carcere di Bollate: cosa fa e come è diventato

La Coibentazioni Termoacustiche Spa di Cormano ha offerto a Massimo Bossetti la possibilità di frequentare un corso di formazione, oltre a uno specifico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e di iniziare questo nuovo percorso di vita all’interno del carcere di Bollate.Il progetto di cui fa parte il muratore di Mapello fa parte del Programma 2121, una collaborazione tra pubblico e privato che coinvolge numerose istituzioni e ben 36 aziende impegnate nei lavori per la costruzione della smart city di Mind, situata tra Milano e Rho.

Il programma mira a fornire ai detenuti opportunità di formazione e inserimento lavorativo. Massimo Bossetti è stato trasferito nel carcere di Bollate nel 2019, dopo aver chiesto, tramite i suoi legali, di essere spostato dall’istituto penitenziario di Bergamo, dove si trovava dal suo arresto nel 2014. La richiesta era motivata dalla mancanza di programmi di lavoro all’interno della struttura bergamasca.

Nel carcere milanese, Massimo Bossetti ha subito espresso la volontà di lavorare, come era abituato a fare prima del suo arresto. Ha partecipato a diverse attività lavorative, contribuendo al sostentamento della sua famiglia. Inizialmente, ha lavorato come tecnico per la manutenzione delle macchine per il caffè, ma quando l’azienda che lo impiegava ha cessato l’attività, Massimo Bossetti ha partecipato alla selezione per entrare a far parte della Coimec, dove è stato assunto.

Oltre al lavoro, la vita di Bossetti nel carcere di Bollate si è rivelata molto attiva. Oltre a essere operaio presso la nuova realtà industriale, partecipa anche a concorsi di cucina, nonché a bandi letterari e artistici. La sua esistenza dietro le sbarre è dunque caratterizzata da un impegno continuo, sia professionale che culturale.

Il lavoro e la formazione sono strumenti fondamentali per reintegrare le persone che hanno commesso reati nella società, dando loro nuove competenze e la possibilità di ricostruire una vita al di fuori del carcere. In questo contesto, il coinvolgimento di aziende e istituzioni è cruciale, poiché favorisce una maggiore collaborazione tra il mondo del lavoro e quello penitenziario, creando opportunità di crescita per i detenuti e contribuendo alla sicurezza sociale. Il reinserimento lavorativo, infatti, rappresenta una delle chiavi per garantire che i detenuti, una volta liberi, possano tornare a essere membri produttivi e responsabili della società.


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