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Caso Yara Gambirasio, la notizia appena arrivata: “Depistaggio”

  • Italia

Colpo di scena nel caso Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate ritrovata assassinata il 26 febbraio del 2011. Il pm di Bergamo, Laura Ruggeri, che ha lottato per trovare il suo assassino, deve essere indagata per depistaggio in merito alla presunta non corretta conservazione dei 54 campioni di Dna rinvenuti sul corpo della ragazza e che la difesa di Massimo Bossetti chiede da tempo di potere analizzare. A stabilirlo è il gip di Venezia Alberto Scaramuzza che ha ordinato la trasmissione degli atti al pm della procura veneta perché proceda all’iscrizione nell’apposito registro.

La notizia è riportata dall’agenzia AdnKronos. A fronte di una denunzia-querela e di un atto di opposizione della difesa dell’uomo condannato in via definitiva all’ergastolo, “in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri si impone – scrive il gip – la necessità di un’estensione soggettiva dell’iscrizione nei suoi confronti” in relazione al reato di frode in processo penale e depistaggio (articolo 375 del codice penale), reato punito con il carcere da 3 a 8 anni, per chi “immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato” (comma 1).

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Yara Gambirasio, ecco il colpo di scena: “Il pm va indagato”

Una scelta che ha come finalità quella di “permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente, che richiedono un necessario approfondimento, sia al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa”, si legge nel dispositivo. Inoltre sono state archiviate le posizioni di Giovanni Petillo e Laura Epis, rispettivamente presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo e funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato.

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Il tribunale di Venezia, che è competente per i magistrati di Bergamo si è pronunciato sulle 54 provette contenenti la traccia biologica mista di vittima e carnefice, spostati dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo. Per Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, quel cambio di destinazione, potrebbe aver deteriorato il Dna dal momento che sarebbe stata interrotta la catena del freddo.

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Nell’atto di quasi 70 pagine, di opposizione all’archiviazione, si mettono in fila più date a partire dal 26 novembre 2019 (dopo la pronuncia della Cassazione) quando la difesa richiede l’accesso ai campioni di Dna e l’indomani ottiene l’autorizzazione, ma non sa che il pm Ruggeri ha già chiesto di spostare le provette: il 21 novembre i 54 campioni vengono tolti dal frigo e consegnati dal professore Giorgio Casari ai carabinieri di Bergamo, raggiungeranno il tribunale il 2 dicembre 2019, “12 giorni dopo” aver lasciato il San Raffaele. Se per la procura di Venezia né le verifiche né i testimoni hanno fatto emergere la prova che, da parte degli indagati Petillo ed Epis, ci sia mai stata la volontà di distruggere o danneggiare quei campioni di Dna, ora spetta al pm Ruggeri dimostrare la sua buonafede.

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