“La più grande forma di soppressione selettiva della comunicazione umana mai registrata nella storia”. È la censura dei social media in Cina secondo i ricercatori di Harward, che hanno cercato di capire come il Dragone vigila sul web e quando fa scattare la sua terribile zampata. L’equipe del professor Gary King ha prima studiato i meccanismi dall’interno, creando un nuovo media in Cina, poi ha monitorato commenti postati in centinaia di siti diversi, infine ha messo alla prova i filtri della censura con commenti su eventi di attualità creati ad hoc. Il risultato? Il 40% dei commenti è stato vagliato e, tra questi, meno della metà è riuscito a rimanere online. Contrariamente a quanto si poteva immaginare, spiega King, ”i cinesi possono scrivere sui blog commenti al vetriolo riguardo ai loro leader più in vista senza timore della censura, ma se scrivono in merito ad una protesta in corso o addirittura una manifestazione filo-governativa, vengono censurati”. Per Pechino, insomma, il nemico principale sono le mobilitazioni. Perché l’unione fa la forza, e fa paura anche al Dragone.