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Tragedia durante il matrimonio, una forte esplosione uccide e trasforma la festa in dramma. Non immaginerete mai chi è stato l’autore dell’attentato, stavolta si è superato il limite

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Strage tra gli invitati ad una festa di matrimonio a Gaziantep, nel sud della Turchia: un attacco ha provocato almeno 51 morti e oltre 60 feriti. Il kamikaze che si è fatto esplodere alla festa era un bambino di 12, forse 14 anni. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, confermando che con grande probabilità l’attentato sia opera dello Stato Islamico. Il capo dello Stato turco ha poi reso noto che sono 69 le persone ricoverate in ospedale, 17 delle quali in gravi condizioni.

Besna e Nurettin Akdogan, la coppia di sposi che festeggiava il matrimonio, sono sopravvissuti all’attacco. Lo riporta l’agenzia turca ‘Anadolu’, precisando che sono in ospedale ma non sarebbero in gravi condizioni.

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Intanto con una nota il partito filo curdo Hdp ha confermato che lo sposo è uno suo esponente. Secondo quanto riportato dal sito della ‘Bbc’, la coppia si era trasferita a Gaziantep da Siirt, città curda più ad est, per fuggire dai combattimenti tra i ribelli curdi e le forze di sicurezza. La polizia ha trovato sul luogo dell’attentato, avvenuto nel quartiere di Beybahce – dove abitano curdi provenienti dalle regioni di Siirt e Van – i resti di un giubbotto esplosivo.

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“Non prevarrà chi cerca di schiacciare la Turchia provocando la popolazione nella sua sensibilità etnica e religiosa” ha affermato il presidente Erdogan. Anche lo scorso maggio l’Is era stato indicato come responsabile di un attacco in cui erano rimasti uccisi 2 poliziotti a Gaziantep, che si trova a circa 95 chilometri a nord di Aleppo. Ed è stato sempre attribuito al gruppo l’attentato all’aeroporto di Istanbul che ha provocato, lo scorso giugno, la morte di 40 persone. Nella dichiarazione con cui ha puntato il dito contro l’Is per l’attacco contro le nozze della comunità curda, Erdogan ha affermato che “non c’è differenza” tra lo Stato Islamico, i militanti curdi del Pkk e i seguaci dell’imam Fethullah Gulen, da lui indicati come i responsabili del fallito golpe del 15 luglio.

 

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