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Reyhaneh Jabbari, l’ultima lettera alla mamma: “La morte non è la fine. Ora dona i miei organi”

“Mia dolce madre, l’unica che mi è più cara della vita, non voglio marcire sottoterra. Non voglio che i miei occhi o il mio giovane cuore divengano polvere. Accuserò gli ispettori, il giudice e e i giudici della Corte Suprema di fronte al tribunale di Dio”. con queste parole Reyhaneh Jabbari, la ragazza di 27 anni impiccata in Iran per aver ucciso l’uomo che aveva tentato di stuprarla, ha salutato la madre: “Non voglio che tu ti vesta di nero per me. Fai di tutto per dimenticare i miei giorni difficili. Dammi al vento perché mi porti via”. Cinque anni nel braccio della morte sono finiti con la forca. Scrive così Reyhaneh. “Il mondo mi ha concesso di vivere per 19 anni. Quella orribile notte io avrei dovuto essere uccisa. Il mio corpo sarebbe stato gettato in qualche angolo della città e dopo qualche giorno la polizia ti avrebbe portato all’obitorio per identificare il mio corpo e là avresti saputo che ero anche stata stuprata. Il mio corpo sarebbe stato gettato in qualche angolo della città e là avresti saputo che ero anche stata stuprata. L’assassinio non sarebbe mai stato trovato, dato che noi non siamo ricchi e potenti come lui”.


E ancora: “Con qual maledetto colpo la storia è cambiata. Il mio corpo non è stato gettato da qualche parte ma nella tomba della prigione di Evin. e della sua sezione di isolamento. Ma arrenditi al destino e non lamentarti. Tu sai bene che la morte non è la fine della vita. Tu mi hai insegnato che si arriva in questo mondo per fare esperienza e imparare la lezione che a ognuno che nasce viene messa una responsabilità sulle spalle. Ho imparato che a volte bisogna lottare.  Tu ci hai insegnato, quando andavamo a scuola, che si deve essere una signora di fronte alle discussioni e alle lamentele. La tua esperienza era sbagliata. Essere presentabile in tribunale mi ha fatto apparire come un’assassina a sangue freddo. Non ho versato lacrime. Non ho implorato. Non mi sono disperata perché avevo fiducia nella legge. Ma sono stata accusata di rimanere indifferente di fronte a un crimine. Il primo giorno in cui alla stazione di polizia una vecchia agente zitella mi ha schiaffeggiato per le mie unghie, ho capito che la bellezza non viene ricercata in questa epoca. La bellezza dell’aspetto, dei pensieri e dei desideri, una bella scrittura, la bellezza degli occhi e della visione e persino la bellezza di una voce dolce”. Poi le ultime volontà consegnate alla madre: “Prega perché venga disposto che, non appena sarò stata impiccata, il mio cuore, i miei reni, i miei occhi, le mie ossa e qualunque altra cosa che possa essere trapiantata venga presa dal mio corpo e data a qualcuno che ne ha bisogno, come un dono. Non voglio che il destinatario conosca il mio nome., compratemi un mazzo di fiori oppure pregate per me.”


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