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Midterm, Obama perde anche il senato. A rischio il suo programma

Le previsioni erano queste e Barack Obama sperava in una più massiccia corsa alle urne da parte del popolo democratico. Alla fine, però, hanno vinto i repubblicani che già controllavano la Camera, aggiudicandosi il Senato con un numero di senatori maggiore di 7 unità rispetto al gruppo dem. Ora il presidente è privo di un “alleato” fondamentale che è il parlamento: dal 1 gennaio prossimo, quando s’insedieranno a Capitol Hill i parlamentari neo eletti l’intero legislativo sarà nelle mani della destra. Che, come noto, è contraria alle principali idee di Obama. Se il presidente aveva avuto la vita dura con una Camera che gli boicottava ogni riforma da quattro anni, ora sarà peggio. Il Senato ha un potere aggiuntivo rispetto alla Camera, quello di confermare o bocciare le più importanti nomine del presidente: membri dell’esecutivo e giudici. La guerra dei repubblicani si estenderà anche alle nomine, quindi, privando il presidente di uno degli strumenti per cambiare gli equilibri di potere. La politica economica, con l’eccezione della leva monetaria controllata dalla Federal Reserve, non può essere decisa alla Casa bianca da sola. Ora gli ottimisti sperano in un miracolo: che i repubblicani forti della loro vittoria diventino improvvisamente più pragmatici, più moderati, e comincino a cercare dei terreni d’intesa col presidente. I temi ci sarebbero. La riforma della normativa fiscale, per semplificare le tasse, ridurre le agevolazioni e i privilegi ingiustificati, chiudere gli spazi per l’elusione delle multinazionali e al tempo stesso ridurre la pressione fiscale complessiva: sugli obiettivi generali democratici e repubblicani potrebbero trovare dei punti di contatto.


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