In Cina il 10 per cento dell’olio nelle cucine, specie quelle dei venditori ambulanti nelle strade delle città, è olio “di fogna”. Letteralmente perché viene fatto dall’olio di scarto recuperato delle fogne, scarti dei macelli, filtri. Il tutto poi processato chimicamente e rivenduto come olio alimentare. Secondo gli esperti quest’olio conterrebbe anche diverse tossine e agenti nocivi ed è per questo che le autorità sono molto severe nel proibirne la vendita. Ma finora sono stati inefficaci gli sforzi del governo di Pechino di stroncarne produzione e utilizzo nelle cucine: sarebbe infatti usato in una cucina su dieci, soprattutto tra i venditori di street food. Da quel poco che trapela dai media cinesi sono rarissimi i casi di intervento delle autorità che possono anche portare alla pena dell’ergastolo.
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Questo è uno dei problemi legati al fabbisogno alimentare, sempre crescente, della popolazione cinese. La Cina ha un problema con l’olio da cucina che sembra non voler risolvere: produce grandi quantità di olio riciclato, ricavato dagli scarti di ristoranti e dalla raschiatura di grondaie o fognature e il suo mercato sembra anche piuttosto fiorente. Il disgustoso processo di riciclaggio è intricato. I ristoranti vendono i loro rifiuti agli allevamenti di suini. Lì, viene bollito. L’olio che galleggia in superficie viene venduto ai piccoli produttori di olio e il residuo solido viene utilizzato come mangime per i maiali. I piccoli produttori vendono l’olio riciclato a grandi produttori i quali poi lo rivendono alle raffinerie. Le raffinerie lavorano il prodotto e lo spacciano nuovamente a ristoranti e supermercati. L’olio di fogna è una realtà comune in molti settori e livelli della società in Cina. Non lo usano solo piccoli ristoranti e stand gastronomici lungo le strade, ma è stato trovato anche nelle mense gestite dalla pubblica amministrazione e nei prodotti di una grande azienda farmaceutica.
Ecco il video che spiega il procedimento