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Coronavirus, fumo e nicotina proteggono dal contagio? Cosa dice la medicina

Una ricerca francese rivela che la nicotina potrebbe avere un funzione nella protezioni dal coronavirus. A riportarlo è ‘La Repubblica’ che riprende uno studio pubblicato sul sito Qeios secondo il quale solo il 4,4% dei 343 pazienti Covid-19 ricoverati (età media 65 anni) è un fumatore. La ricerca ha esaminato anche il profilo di 139 pazienti che hanno consultato un medico con sintomi non gravi (età media 44 anni). E il risultato è stato simile: solo 5,3% di fumatori.

“Il nostro studio trasversale suggerisce che i fumatori hanno una probabilità molto più bassa di sviluppare un’infezione sintomatica o grave rispetto alla popolazione generale”, scrivono gli autori dello studio francese, tra cui l’epidemiologa Florence Tubach. I ricercatori ipotizzano che il “recettore nicotinico dell’acetilcolina” abbia un ruolo centrale nel propagarsi del coronavirus e sia all’origine della varietà di sintomi del Covid-19, tra cui la perdita dell’olfatto e disturbi neurologici. Ma c’è chi non crede a questa ricerca. “E’ pericoloso anche solo ventilare che una pessima abitudine, come il vizio del fumo, possa aiutare a fronteggiare quella che oggi è la principale emergenza epidemica” ha commentato Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia. Continua dopo la foto


A sgomberare definitivamente il campo da ogni dubbio ci ha quindi pensato l’Oms con un post sul tema. “Il fumo danneggia i polmoni e altre parti del corpo e ti rende più vulnerabile all’infezione da Covid-19. E’ il momento giusto per smettere di fumare per salvaguardare la salute – si legge -. L’industria del tabacco sta creando polemiche e confusione riguardo l’uso di nicotina e prodotti legati al tabacco e il Covid-19. Gli esperti sanitari hanno avvertito che i fumatori con Covid-19 probabilmente soffrono di condizioni più gravi rispetto agli altri e che queste potrebbero portare a morte prematura”.
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iò mentre prende corpo l’idea che il naso potrebbe essere la porta d’ingresso principale del nuovo coronavirus nell’organismo. Lo suggerisce una nuova analisi genetica, secondo la quale Sars-CoV-2 infetta specifiche cellule del naso. A far luce su uno dei meccanismi alla base della diffusione del virus è uno studio del team di Waradon Sungnak del Wellcome Sanger Institute di Cambridge, pubblicato su ‘Nature Medicine’. I geni associati al modo in cui il virus entra nel suo ospite sono espressi in specifiche cellule epiteliali respiratorie, corneali e intestinali umane sane, secondo lo studio. Continua dopo la foto

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L’espressione di questi geni è stata osservata nelle cellule nasali insieme a quella dei geni coinvolti nel sistema immunitario innato, il che suggerisce un potenziale ruolo ‘chiave’ del tessuto nasale nell’infezione virale iniziale, nella sua trasmissione e nella sua dispersione. Precedenti ricerche avevano dimostrato che i tamponi nasali di pazienti con Covid-19 sintomatica o asintomatica presentano concentrazioni virali più elevate rispetto ai tamponi della gola. Ciò implicherebbe che proprio il naso fosse cruciale per l’infezione e la trasmissione del patogeno. I ricercatori si sono concentrati su Ace2 e Tmprss2, due molecole coinvolte nell’ingresso virale di Sars-CoV-2. Per chiarire i modelli di espressione dei geni che codificano queste due molecole, Waradon Sungnak e colleghi del Lung Biological Network hanno esaminato vari campioni di tessuto umano ottenuti da donatori sani. Gli autori hanno analizzato i dati relativi ai tessuti di varie parti dell’apparato respiratorio, della retina, del muscolo scheletrico, della prostata, del cervello e della pelle.

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