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Eruzione del Vesuvio? 800 km di code e poco scampo

Ricostruzioni sulla distruzione di Pompei ne abbiamo viste a decine. Una tragedia, sicuramente, ma nulla in confronto a ciò che potrebbe succedere nel caso in cui il Vesuvio dovesse decidere di risvegliarsi nel peggiore dei modi. Non è poco noto che Napoli e l’intera area vesuviana vivano su una bomba a orologeria e gli allarmi dei vulcanologi si susseguono. Perché se è nella scienza che il vulcano potrebbe seminare distruzione è anche acquisito che l’uomo non è pronto a un’eventuale situazione di emergenza. Prima di tutto perché per decenni ha sottovalutato i rischi, edificando in area che dovrebbero al contrario servire come vie di fuga. Anche le istituzioni, che dovrebbero fungere da formatori e informatori, non sembrano all’altezza. Recentemente il Corriere del mezzogiorno ha messo in evidenza che non ci sono i piani comunali, senza i quali il piano nazionale può risultare una sorta di scatola vuota. Nessuno dei 700mila residenti nell’area di rischio, tanto meno quelli delle aree circostanti, sa cosa dovrebbe fare se scattasse l’allarme. Certo è stato stilato un elenco dei comuni italiani gemellati con i 25 a rischio, ma come si potranno raggiungere in ipotesi di un allarme eruzione?
Calcoli alla mano servirebbero 8.750 autobus da ottanta posti ciascuno. Ragionando su dati certi la situazione sembra delle più allarmanti. Nella zona interessata sono immatricolate 300mila automobili private. Quindi se si dovesse ordinare di usare una macchina per almeno due persone significa che almeno 600mila si evacuano da sole. Per gli altri, circa centomila persone, «è allo studio l’ipotesi di indirizzarli verso le stazioni ferroviarie, così la necessità di autobus dovrebbe poter essere coperta dalla sola Regione Campania», spiega l’assessore regionale al ramo. Facendo l’ipotesi che in ogni macchina ci siano tre persone, occorrerebbero 200mila vetture e considerando una lunghezza media di quattro metri per ognuna di esse si ottiene una fila di 800 chilometri.



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