Un’emorragia che sembra senza freni, dopo Lucia Annunziata, Massimo Gramellini, Flavio Insinna e Fabio Fazio (con tutta la ciurma di Che Tempo che fa volata a Nove), un altro pezzo da novanta lascia la Rai. La notizia improvvisa è arrivata questa mattina. A raccontare tutto è stato il conduttore in un’intervista rilasciata al Corriere delle Sera dove spiega motivi e nuova destinazione: “Passo alla 7. Da lunedì 4 dicembre. Ho ceduto dopo anni al corteggiamento di Urbano Cairo e poi anche del direttore Andrea Salerno. Per il gusto della sfida”.
Di che tipo? “Un programma settimanale in prima serata: La torre di Babele. Un’ora di tv, dopo Lilli Gruber. Ci sarà uno spirito-guida, un ospite ad alto livello, a cominciare da Alessandro Barbero, e alla fine un personaggio a sorpresa, per tirare le somme. Sulla 7 parlerò di cultura. Sa cosa fece Fabiano Fabiani, quando Bernabei lo mandò via dalla direzione del telegiornale perché troppo di sinistra?”.

Corrado Augias lascia la Rai, dopo 63 anni è addio: andrà a La7
“Si fece nominare alla direzione centrale dei programmi culturali, che neppure esisteva. Fabiano, gli dissero, lì non c’è niente. E lui: “C’è tutto, perché tutto è cultura”. Poi spiega il motivo: “Nessuno mi ha cacciato, ma nessuno mi ha trattenuto. A 88 anni e mezzo devo lavorare in posti e con persone che mi piacciono; e questa Rai non mi piace”. Parole durissime.

Parole, quelle di Corrado Augias che alla Rai era presenza fissa da 63 anni, che faranno rumore: “Perché me ne vado? Perché non amo l’improvvisazione. E in Rai oggi vedo troppa improvvisazione, oltre a troppi favoritismi. La tv è un medium delicatissimo. Deve suscitare simpatia, nel senso alto dell’espressione. Ad esempio Stefano Coletta. Grande uomo di prodotto, che rilanciò Rai3. L’hanno messo in un angolo”.

Una perdita enorme per il servizio pubblico quella di Corrado Augias. Tra i tanti programmi di successo vale la pena ricordare Telefono Giallo del 1987. È rimasta nella memoria una puntata di Telefono giallo dedicata alla strage di Ustica durante la quale telefonò un ufficiale in servizio la sera della tragedia che comunicò dei particolari così rilevanti da spingere l’allora Pubblico ministero Paolo Borsellino a riaprire l’inchiesta.