Mi piace stendermi al fianco dei morti per misurarmi con loro: quella sera, paragonai la mia vita a quella di quel gaudente giĆ prossimo alla vecchiaia, che era caduto in quel luogo, trafitto dalle frecce, difeso strenuamente da un amico giovinetto, e pianto da una cortigiana ateniese. La mia giovinezza non aveva preteso il prestigio di quella di Alcibiade: ma la mia varietĆ eguagliava o sorpassava la sua. Avevo goduto quanto lui, avevo meditato piĆ¹ intensamente, avevo lavorato molto di piĆ¹; possedevo, come lui, la fortuna singolare dāessere amato. Alcibiade ha sedotto tutti, persino la Storia; tuttavia lasciĆ² dietro di sĆ© cumuli di morti ateniesi abbandonati nelle cave siracusane, una patria vacillante, le divinitĆ dei crocevia scioccamente mutilate dalle sue mani. Io avevo governato un mondo infinitamente piĆ¹ vasto di quello nel quale lāateniese era vissuto; vi avevo mantenuto la pace; lāavevo attrezzato come una bella imbarcazione per un viaggio che durerĆ molti secoli; avevo lottato in ogni modo per secondare il senso del divino nellāuomo, senza tuttavia sacrificare a esso lāumano. La mia felicitĆ era il mio compenso.
Marguerite Yourcenar
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