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La dieta? Mejo morì co’ la forchetta in mano!

Nel 1964, Aldo Fabrizi venne definito dai critici americani “a comic genius”, dopo aver indossato sui palcoscenici di Broadway il costume di Mastro Titta, il boia di Rugantino, commedia musicale di Garinei e Giovannini. «Aveva una forza caricaturale violenta – racconterà poi Fellini – esprimeva in maniera sufficientemente esatta, quella che era l’anima del romano, proprio del romano dell’Impero: violento, cinico, sentimentale. Era un interprete popolare, popolaresco naturalmente, ma efficace di quello che è il tipo del romano. E una sera – raccontava il regista – in una rosticceria, questo attore con gli occhioni da ranocchio s’era accorto che io non c’avevo i soldi; avevo mangiato due supplì in più. Aveva visto il mio imbarazzo, mi mancavano due lire, tre lire, così m’ha offerto lui la cena. E dopo quella sera siamo diventati amici». Il cibo era probabilmente l’attività preferita di Fabrizi (si dilettava tanto a preparare piatti quanto a… mangiarseli); ciò dava ragione della sua massicia corporatura, una caratteristica che sfruttava assai bene nell’interpretare i suoi personaggi. Nell’ultimo periodo, con suo grande rammarico, problemi di salute lo costrinsero ad evitare gli eccessi alimentari, e a mettersi a dieta (da qui questa poesia). Due raccolte, “La Pastasciutta” (1971) i cui temi principali sono il cibo e le sue ricette preferite con la pasta, e “Nonna Minestra” (1974), testimoniano questa sua passione.

La dieta

di Aldo Fabrizi

Doppo che ho rinnegato pasta e pane,
so’ dieci giorni che nun calo, eppure
resisto, soffro e seguito le cure…
me pare ‘n anno e so’ du’ settimane.
Nemmanco dormo più, le notti sane,
pe’ damme er conciabbocca a le torture,
le passo a immagina’ le svojature
co’ la lingua de fòra come un cane.
Ma vale poi la pena de soffrì
lontano da ‘na tavola e ‘na sedia
pensanno che se deve da morì?
Nun è pe’ fa’ er fanatico romano;
però de fronte a ‘sto campa’ d’inedia,
mejo morì co’ la forchetta in mano!

 


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