Attraverso l’epitaffio di Franklin Jones, Edgar Lee Masters riflette sulla inesorabile caducità della vita. Dal momento in cui si nasce la vita non è che un consumarsi di attimi che abbreviano l’esistenza, un inesorabile conto alla rovescia fino alla morte. Da questo punto di vista tutti gli affanni e le frenesie quotidiane che accompagnano l’umanità diventano un dibattersi vano e drammatico. La poesia è tratta da L’Antologia di Spoon River (Spoon River Anthology), una raccolta che il poeta americano pubblicò tra il 1914 e il 1915 sul Mirror di St. Louis. Ogni poesia racconta, in forma di epitaffio, la vita di una delle persone sepolte nel cimitero di un immaginario paesino statunitense e descrive la vita umana raccontando le vicende di un microcosmo, il paesino di Spoon River, attraverso la voce dei morti che non hanno più niente da perdere e quindi possono “raccontare” la loro vita in assoluta sincerità.
Franklin Jones
di Edgar Lee Masters
Se avessi vissuto ancora un anno
avrei potuto finire la mia macchina volante,
e sarei diventato ricco e famoso.
Per questo motivo ha agito bene l’artigiano
che ha tentato di scolpire una colomba per me
e l’ha fatta che assomiglia a una gallina.
Che cos’è mai la vita
se non uscire da un guscio d’uovo
e correre intorno all’aia,
fino al giorno del colpo d’accetta?
Salvo che l’uomo
ha il cervello di un angelo
e vede la scure fin dal primo momento!
If I could have lived another year
I could have finished my flying machine,
And become rich and famous.
Hence it is fitting the workman
Who tried to chisel a dove for me
Made it look more like a chicken
For what is it all but being hatched,
And running about the yard,
To the day of the block?
Save that a man has an angel’s brain,
And sees the ax from the first!