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Eravamo sette sorelle, Ci specchiammo alle fontane: eravamo tutte belle.

Una leggenda popolare racconta la storia di sette sorelle che, una volta scoperta la loro bellezza, si lasciarono sedurre da sogni ambiziosi nonostante gli avvertimenti della madre sull’inutilità dell’orgoglio per la bellezza. Soltanto l’ultima di loro è soddisfatta dalla sola gioia del canto, le altre si affannano e si struggono tragicamente per una ricchezza senza contenuto, per una felicità che non otterranno mai. Solo la poesia che è gioia pura e disinteressata, può dare la pace del cuore. Affascinato da questa fiaba Gabriele D’ Annunzio (Pescara, 12 marzo 1863 – Gardone Riviera, 1º marzo 1938) ne trasse ispirazione per La canzone della sirenetta compresa nella tragedia “La Gioconda”.

Eravamo sette sorelle,
Ci specchiammo alle fontane:
eravamo tutte belle.
Fiore di giunco non fa pane,
mora di macchia non fa vino,
filo d’erba non fa panno lino –
la madre disse alle sorelle.
Ci specchiammo alle fontane:
eravamo tutte belle.
La prima per filare
e voleva i fusi d’oro;
la seconda per tramare
e voleva le spole d’oro;
la terza per cucire
e voleva gli aghi d’oro;
la quarta per imbandire
e voleva le coppe d’oro;
la quinta per dormire
e voleva le coltri d’oro;
la sesta per sognare
e voleva i sogni d’oro;
l’ultima per cantare,
per cantare solamente
e non voleva niente.
Fiore di giunco non fa pane,
mora di macchia non fa vino,
filo d’erba non fa panno lino
la madre disse alle sorelle.
Ci specchiammo alle fontane:
eravamo tutte belle.
E la prima filò
torcendo il suo fuso e il suo cuore,
e la seconda tramò
una tela di dolore,
e la terza cuci
una camicia attossicata,
e la quarta imbandì
una mensa affatturata,
e la quinta dormì
nella coltre della morte,
e la sesta sognò
nelle braccia della morte.
Pianse la madre dolente,
pianse la mala sorte.
Ma l’ultima cantò
per cantare per cantare
per cantare solamente
ebbe la sorte bella.
Le sirene del mare
la vollero per sorella.


 

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