Ci sarebbe un momento preciso nel quale l’anima lascia il corpo. Ne è convinto uno scienziato russo, Konstantin Korotkov, dopo aver fotografato una persona nel momento in cui è passata a miglior vita. Ovviamente non con una semplice macchina fotografica ma servendosi di un apposito dispositivo bioelettrografico. Nulla di fantascientifico ma un metodo che trecento medici in tutto il mondo utilizzano per monitorare malattie come il cancro. La differenza sta in alcune modifiche apportate dallo studioso russo in grado di captare e visualizzare forme non fisiche. Convinzioni tutte sue, dicono di Korotkov altri studiosi. Eppure nessuno è in grado di escludere che ognuno di noi abbia un’anima.
Una interessante lettura è quella di James Hillman, Il codice dell’anima. Carattere, vocazione, destino (Adeplhi, pp. 409, euro 13). Per decifrare il codice dell’anima e capire il carattere, la vocazione, il destino, nel suo best seller Hillman si ispira al mito platonico di Er: l’anima di ciascuno di noi sceglie un “compagno segreto” (daimon lo chiamavano i greci, genius i latini, angelo custode i cristiani). Sarà lui a guidarci nel cammino terreno. Eminenti modelli sfilano sotto l’occhio stregonesco di Hillman. Il suo set è affollatissimo. Judy Garland, Joséphine Baker, Woody Allen, Quentin Tarantino, Hannah Arendt, Manuel Manolete, Henry Kissinger, Richard Nixon, Truman Capote, Gandhi, Yehudi Menuhin, Elias Canetti e tanti altri, con le loro storie d’infanzia e maturità abilmente sezionate dal bisturi analitico, testimoniano apoteosi e disastri. Ma nell’età della psicopatia il ruolo del protagonista spetta a Hitler: il suo demone gli ha cucito addosso la divisa di un prototipo, il criminale dei tempi moderni. Forse di tutti i tempi.