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Paura, urla e dolore. Spesso ci siamo domandati come reagisce il cervello di fronte alla morte. Ecco la spiegazione scientifica di quei momenti terribili…

 

Come reagisce il cervello di fronte alla morte? Una spiegazione viene fornita dall’American Chemical Society. Sia se siamo noi in prima persona a provarla sia se stiamo assistendo, la prima reazione è la paura. Si tratta di una risposta cognitiva che ci allerta quando siamo in una situazione di difficoltà. Quando ci spaventiamo, attiviamo il talamo che, come un centralino, invia i segnali necessari ad altre parti del cervello e nel nostro corpo vengono rilasciati glucosio, cortisolo e adrenalina, così come dall’ipotalamo vengono messe in moto le risposte fisiologiche corrispondenti alla ”reazione di attacco o fuga” grazie alle quali riusciamo o a difenderci o a scappare.

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Dopo che il nostro cervello si è terrorizzato si passa a gridare. Ma cosa significa? Diversamente da quanto potremmo pensare, le urla non rappresentano una risposta della parte del cervello dedicata al linguaggio, il lobo temporale, ma una conseguenza dell’attivazione dell’amigdala che, tra le altre cose, innesca in chi ci ascolta una reazione simile a quella che stiamo vivendo noi, in pratica ci permette di avvisare che il pericolo è vicino. Quindi è il momento della della sofferenza. Quando veniamo feriti, i nocicettori, terminazioni di neuroni sensoriali, inviano al talamo la segnalazione corrispondente al dolore utile al nostro cervello che viene così stimolato ad inventarsi qualcosa per evitare il ripetersi dell’esperienza negativa.


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