Si erano innamorati a Roma, Giuseppe e Livia, negli anni bui della seconda guerra mondiale. E nel giugno del 1945, quando l’incubo era appena finito, erano arrivati giovanissimi sull’altare: lei 16 anni, lui 21. Da allora sono rimasti uniti, anche nel viaggio che nel 1960 li ha portati come migranti in America, dove a Stamford hanno continuato a costruire la loro vita e la loro famiglia con i figli Giuliana, Angela, Steve e John. “Mio padre era un purosangue italiano e pretendeva di comandare dentro casa, mia madre era la classica donna alla quale non piaceva sentirsi dire cosa dovesse fare. Litigavano e urlavano tutto il giorno e trenta secondi dopo facevano pace” ha raccontato Angela. (continua dopo la foto)
Chissà se quelle amorevoli scenette continuano anche nell’aldilà, dove Giuseppe Fortunato e sua moglie Livia Franceschi sono volati, manco a dirlo, insieme. Era ormai compagni di stanza in una casa di cura, lui demente e malato di tumore, lei con un problema cronico ai polmoni e qualche giorno fa Giuseppe ha avuto un peggioramento improvviso ed è morto. Dalla casa di cura hanno chiamato subito Angela e le hanno passato la madre: “Le ho detto di essere forte”, ha raccontato la donna, ma poi Livia ha fatto cadere il telefono. “Ho sentito qualcuno che ripeteva “Livia! Livia!” e un’infermiera che urlava di chiamare il 911”. Anche il cuore dell’anziana si era fermato, cinquanta minuti dopo quello del marito.