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Alessia Pifferi, picchiata in carcere dalle altre detenute: “Cosa le hanno fatto”

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Alessia Pifferi accusata di abusi su minori chat figlia Diana

Alessia Pifferi picchiata in carcere. La 36enne in carcere a San Vittore (Milano) con l’accusa di omicidio volontario per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana , è stata picchiata selvaggiamente dalle altre detenute.

Il racconto al Corriere.it dalla sua legale, Solange Marchignoli: ”È successo una settimana fa dopo la prima udienza in tribunale. Alessia stava raggiungendo una suora quando è stata aggredita dalle altre detenute che le hanno tirato i capelli e schiaffeggiata. Questa donna ha molta paura di quanto le sta accadendo”.

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Alessia Pifferi picchiata in carcere


Alessia Pifferi picchiata in carcere. È accusata dell’omicidio della figlia Diana

Come spiegato dal Corriere.it, oggi il gip di Milano, Fabrizio Filice, ha respinto la seconda istanza della difesa che chiedeva di far accedere esperti in carcere per una consulenza neuroscientifica. Se per il gip Alessia Pifferi è sempre “consapevole, orientata e adeguata”, i legali della donna respingono questa versione.

Alessia Pifferi picchiata in carcere

“Noi non abbiamo chiesto una perizia per verificare se Alessia sia capace di intendere e di volere – ha spiega l’avvocato Marchignoli- Dubitiamo invece della sua capacità di comprendere, di elaborare il pensiero. Per questo servono i consulenti neuroscientifici. In più vogliamo avere audio e video degli interrogatori perché qualcosa non torna. Da quei verbali emerge un linguaggio che Alessia Pifferi non è in grado di produrre”. Alessia Pifferi, la mamma della piccola Diana lasciata morire di fame e sete, vivrebbe oggi “nella paura che qualcuno possa fargliela pagare dietro le sbarre”, ha spiegato l suo legale Solange Marchignoli.

Secondo il gip Fabrizio Filice, Alessia Pifferi, che ha abbandonato la figlia Diana di appena 18 mesi lasciandola morire di fame e di sete nell’abitazione di Ponte Lambro (Milano), soffrirebbe di una “evidente instabilità affettiva” manifestata “in una forma di dipendenza psicologica dall’attuale compagno, che l’ha indotta ad anteporre la possibilità di mantenere una relazione con lui anche a costo di infliggere enormi sofferenze” culminate nella morte della bambina.


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