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“Mi vogliono morta, io costretta a nascondermi”. Le parole choc della famosa atleta proprio durante le Olimpiadi. “Se mi trovate morta, sappiate che non è stato un incidente”. Cosa sta succedendo

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La storia di Yuliya e Vitaly Stepanov inizia nel lontano 2009, quando si conosco durante una vacanza: lei, la seconda 800metrista più forte di Russia, lui, un impiegato della Rusada, l’agenzia antidoping russa. Tre anni dopo i due si sposano ma in poco tempo succede di tutto: lei viene pizzicata dopo una gara sotto effetto di sostanze dopanti fornitele proprio dal marito, che è costretto a lasciare il lavoro dopo lo scandalo. Dopo aver scontato la squalifica, Yuliya, torna ad allenarsi ma nel 2014 svela, sempre assieme al marito, l’esistenza di un sistema di doping statale.

Secondo le loro dichiarazioni infatti, lo stato russo sarebbe colpevole di aver creato al proprio interno un sistema di corruzione così intricato da arrivare a coinvolgere il ministero dello sport.

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Gli atleti in cambio di sostanze dopanti e di analisi “corrette” in base alle proprie esigenze, erano costretti a versare il 5% dei propri introiti derivanti dai premi ottenuti.

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Proprio per la fondatezza delle accuse della coppia, e dopo analisi condotte dal Comitato Internazionale, la Russia aveva rischiato di diventare la prima nazione a essere esclusa da tutte le manifestazioni sportive. Dal 2014 i due, insieme al figlio, sono costretti a vivere lontano dalla loro patria e si sono volontariamente esiliati negli Stati Uniti. Durante le Olimpiadi però sono tornati a far parlare di sé, e non solo per la riammissione dell’atleta ai giochi di Rio, per aver fornito informazioni utili sul doping russo.

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In un’intervista a “Il Corriere della sera” i due hanno spiegato i motivi del loro gesto: ”Quando ho detto la verità non volevo colpire né gli atleti né il mio Paese. Volevo colpire il sistema marcio dell’antidoping russo” I due poi, probabilmente non si aspettavano tanto clamore da parte delle autorità russe e ammettono preoccupati:” Da quando questa storia è iniziata, nel dicembre 2014, le autorità russe ci cercano. Dovesse succederci qualcosa di brutto sappiate che non si tratta di un incidente. Siamo preoccupati per nostro figlio Robin”. Alle domande del giornalista sull’impegno e l’appoggio successivo datogli dal Comitato Olimpico e dall’Associazione delle Federazioni Atletiche, i due hanno risposto non lasciando il minimo dubbio: ”Ci hanno tagliato fuori. Sanno che i russi a Rio sono sporchi ma non hanno le armi legali per escluderli. State celebrando medaglie dopate, e non solo russe. Il Cio ha cercato di corromperci invitandoci a Rio come ospiti vip, ma siamo felici di non essere andati: là sarebbe stato facilissimo trovarci e farci del male”. Una storia, quella dei due russi, tutt’altro che tranquilla; di certo aver detto la verità ha portato solo guai alla coppia, che adesso vive in una località segreta e fuori ormai dai radar di Mosca.

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