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Uccide una persona ogni 37 secondi. Fa morire più del cancro al seno e dell’Aids. Perché non sia “fatale”, sono da tenere d’occhio i sintomi (anche se nella metà dei casi non compaiono)

  • Salute

È la terza malattia cardiovascolare più comune dopo la sindrome coronarica acuta e l’ictus e fa strage: uccide una persona ogni 37 secondi. Di cosa stiamo parlando? Del tromboembolismo venoso, cioè la formazione di coaguli di sangue nelle vene e la conseguente embolia polmonare o la trombosi degli arti inferiori. Come si legge su Repubblica, se ne è parlato al Congresso dell’International Society on Thrombosis and Haemostasis (Isth) di Berlino. Durante il congresso sono stati presentati i dati del registro Garfield sul tromboembolismo venoso che ha coinvolto 10mila pazienti di 28 paesi.

Qualche numero per farvi capire di che tipo di ‘’mostro’’ parliamo: il tromboembolismo venoso in Europa fa registrare un tasso di mortalità che è più del doppio rispetto a quello per Aids, cancro al seno, cancro alla prostata e incidenti stradali. In Italia si verificano ogni anno 150-200 nuovi eventi ogni 100mila abitanti. Nel 15-20% dei casi succede ai malati di tumore. Continua a leggere dopo la foto


“Il legame si spiega prendendo in considerazione diversi aspetti – ha spiegato a Repubblica.it  il professor Walter Ageno, associato di medicina interna dell’Università dell’Insubria – In primo luogo, le cellule tumorali producono sostanze che favoriscono la trombosi. Inoltre, i pazienti oncologici vengono spesso sottoposti a procedure invasive come interventi chirurgici e ricevono chemioterapici che a volte possono favorire la trombosi”.

Ma chi sono i soggetti più a rischio? Soprattutto i pazienti che hanno subito interventi chirurgici. Ma anche le donne che hanno avuto complicazioni durante la gravidanza, quelle che prendono la pillola anticoncezionale e chi ha una predisposizione genetica. Data l’entità del problema, è stato creato un apposito registro, il Garfiled: un registro multicentrico che ha coinvolto 10.874 adulti in 28 Paesi di cinque continenti seguiti per un minimo di 36 mesi dopo la diagnosi. Lo studio, iniziato nel 2014, si concluderà nel 2020. “Questo registro – ha detto Ageno – ha l’obiettivo di raccogliere informazioni nel mondo reale dei pazienti con tromboembolismo venoso e sul modo in cui sta cambiando la loro gestione”. Ultimamente, però, sono aumentate le terapie che sono sempre più innovative. Continua a leggere dopo la foto

“Grazie alle nuove scoperte scientifiche – prosegue Ageno – oggi possiamo scegliere tra farmaci diversi sia per principi attivi che per modalità di somministrazione e senza dover sottoporre i pazienti a dei monitoraggi. Tutto questo si traduce in una riduzione sia del numero di ricoveri che della loro durata”. Come evitare che il tromboembolismo venoso sia fatale?

Tenendo sotto controllo alcuni sintomi (anche se nella metà dei casi circa non compare alcun sintomo): gonfiore e dolore della zona colpita; rossore e aumento della temperatura della zona colpita. Quando parliamo di trombosi alla gamba, il dolore di solito si manifesta all’altezza del polpaccio e assomiglia a un crampo o ad uno stiramento, viene avvertito soprattutto stando in piedi o camminando, gonfiore e dolore possono estendersi fino a caviglia e piede.

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