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Coronavirus, la scoperta dei medici cinesi: “Dimostrati danni al sistema nervoso centrale”

  • Salute

I medici cinesi hanno dimostrato per la prima volta che il nuovo coronavirus può causare danni al sistema nervoso centrale dei pazienti. Una notizia preoccupante, in Italia diffusa dall’agenzia Ansa, che arriva dopo il bollettino dei medici dell’Ospedale Ditan di Pechino affiliato alla Capital Medical University, istituzione designata per il trattamento della malattia provocata da nuovo coronavirus (COVID-19), che hanno annunciato oggi di aver curato un paziente maschio il cui liquido cerebrospinale ospitava il virus.

Studi precedenti hanno mostrato che la COVID-19 può colpire più organi, tra cui reni, fegato e cuore, ma non erano ancora stati riportati danni al sistema nervoso centrale. Al paziente di 56 anni la COVID-19 è stata diagnosticata il 24 gennaio scorso, ricoverato in ospedale manifestava sintomi gravi e non rispondeva al trattamento regolare. (Continua a leggere dopo la foto)


Nel reparto di terapia intensiva, il paziente ha sviluppato sintomi associati a una riduzione dello stato di coscienza, anche se non erano presenti anomalie nelle immagini della TAC alla testa. Il personale medico ha quindi condotto il sequenziamento genico su campioni del suo liquido cerebrospinale e ha confermato la presenza del nuovo coronavirus diagnosticando al paziente COVID-19 un’encefalite. (Continua a leggere dopo la foto)

Dopo il trattamento dell’encefalite virale, i sintomi neurologici del paziente sono gradualmente scomparsi. Il 18 febbraio è stato trasferito nel reparto di malattie infettive e il 25 febbraio è stato dimesso dall’ospedale. (Continua a leggere dopo la foto)

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direttore del reparto di terapia intensiva dell’ospedale e medico curante del paziente, Liu Jingyuan, ha detto che, una volta che un paziente COVID-19 viene trovato con disturbi dello stato di coscienza, il personale medico deve considerare la possibilità di infezioni al sistema nervoso ed effettuare in tempo gli esami del liquido cerebrospinale, per evitare diagnosi tardive e ridurre ulteriormente il tasso di mortalità dei pazienti gravemente malati.

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