Quel ritornello “dammi tre parole, sole, cuore, amore” è indimenticabile. Venti anni (estate 2001) fa lo hanno canticchiato tutti: facile da memorizzare è stato un cult di quell’estate. A cantarlo Valeria Rossi che grazie a quella canzone è diventata famosa in tutta Italia. Il singolo Tre parole, scritto con Liliana Richter e Francesco Cabras, fu il suo esordio discografico. Fu scartato a Sanremo, ma divenne uno dei singoli più venduti dell’anno. Decisamente più indicato come brano estivo che come pezzo per l’Ariston, fu il pezzo rivelazione al Festivalbar, una hit eccezionale tradotta anche in spagnolo.
Oggi Valeria Rossi ha 52 anni: si è sposata con Pietro Foresti, produttore musicale e manager, e hanno un figlio che si chiama Miro. Dopo lo strepitoso successo di quella canzone, ha pubblicato il disco Osservi l’aria (2004), ma non è riuscita a ripetere l’exploit dell’esordio. Nel 2010 ha partecipato come autrice al Festival di Sanremo con la canzone Dove non ci sono ore cantata dalla quindicenne Jessica Brando. Non sono mancate neanche le collaborazioni, ad esempio quella con Andrea Bocelli insieme a cui ha scritto For a new Sun, o con Mietta per la canzone Hai vent’anni.
Nel 2018 ha partecipato allo show condotto da Amadeus Ora o mai più. Nel programma, destinato a cantanti che hanno vissuto il successo in passato e cercano una seconda chance coadiuvati da colleghi/tutor, ad affiancarla è stata la mitica Orietta Berti. Oggi la vita di Valeria Rossi è profondamente cambiata: lavora nel Comune di Monza, ma si dedica anche al counseling.
Ne ha parlato in una intervista rilasciata a Repubblica: “Ho ripreso i libri della prima laurea, in diritto, ho fatto un concorso e sono stata assunta come ufficiale dello stato civile, redigo gli atti che afferiscono ai mutamenti di status delle persone. Ogni giorno ho a che fare con le vite delle persone, avevo voglia di andare nella pratica, nel concreto”.
Valeria Rossi sta anche portando avanti una formazione “in counseling a mediazione corporea”. Nell’intervista ha spiegato di cosa si tratta: “Provare a portare le persone ad ascoltare il proprio corpo, stabilire una relazione d’aiuto che sia psicologica ma che non trascuri il corpo e lo inserisca nella terapia. Ho una grandissima passione per l’insegnamento del metodo chiamato ‘Stream yourself’ che tramite un mix di tecniche vocali, funzionali, meditazione e bioenergetica, permette il risvegliarsi e l’amplificarsi di creatività e di vitalità in senso ampio, con mille applicazioni in più ambiti, da quello artistico a quello relazionale, fino a quello di medicina integrata”.