“Ci mancherai da morire”. Da Daniele Silvestri a Sergio Cammariere. Da Max Gazzè a Carmen Consoli. Il cordoglio del mondo della musica è unanime e attraversa la rete. Nella serata di ieri è morto Gianluca Vaccaro, uno dei più brillanti tecnici del suono e produttori italiani. È scomparso a Roma, al termine di una lunga malattia contro la quale aveva combattuto con coraggio senza mai arrendersi. Al suo nome sono legati i brani e i dischi di tanti grandi artisti, dai primi anni Novanta fino ad oggi. Nel Terminal 2 Studio – aperto insieme a Roberto Procaccini, compositore, arrangiatore e produttore – hanno registrato da Fiorella Mannoia a Francesco De Gregori. La prima registrazione, è stata con Mia Martini. Una vocazione ‘analogica’, la sua, nata insieme ai registratori a nastro. Quando si lavorava in analogico e la figura del fonico era fondamentale. “All’inizio me ne stavo seduto tutto il giorno davanti al remote control di un 24 piste, e mi divertivo da matti a registrare e tagliare i nastri”, aveva raccontato. (Continua dopo la foto)
Il primo progetto curato interamente da Gianluca è stato con i Tiromancino: “Eravamo dei pazzi, mettevamo microfoni ovunque, anche nei posacenere!”. Dopo aver collaborato con Daniele Silvestri, Sergio Cammariere e Roberto Kunsler, non si è mai fermato. Si è divertito con i più importanti nomi della discografia italiana, e non solo. Riccardo Sinigallia, Nelly Furtado, The Niro, Max Gazzè, Carmen Consoli, Gianni Morandi, Patty Pravo, Giorgia, Marina Rei, Ilaria Volpe. (Continua dopo le foto)
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Nel suo studio è nato anche il lavoro del trio Niccolò Fabi, Max Gazzè e Daniele Silvestri, ‘Il padrone della festa’. “Il suo sound inconfondibile caldo e analogico – si legge sul sito terminal2studio.com – che unisce il vintage al moderno, lo portano ad essere considerato uno dei migliori sound engineer italiani”. Gianluca Vaccaro ha lavorato continuamente, a centinaia di progetti più o meno conosciuti, tutti con la stessa cura, con Danilo Pao, gli Isterika, con Roberto Mariani, Neri per Caso, Bandabardò. Un vuoto, il suo, che difficilmente si colmerà.