Sono ormai giorni che gira sull’applicazione di messaggistica Whatsapp un invito a firmare un “referendum di iniziativa popolare sulla legittima difesa della casa e dei beni”. L’obiettivo sarebbe di aumentare le pene per chi viola il domicilio e “negare il risarcimento delle eventuali lesioni causate al ladro o agli eredi in caso di morte ladro”. Ma attenzione, perché si tratta di una bufala. Il tema è sicuramente di attualità e sui social ci sono continui appelli, ma in Italia la possibilità di votare un referendum di questo genere non esiste.
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La nostra Costituzione, infatti, non prevede in nessun modo che l’istituto del referendum possa essere utilizzato per proporre leggi. Al contrario prevede solo due possibili tipologie: quello abrogativo, per cancellare una norma o una sua parte (ad esempio quello votato il 17 aprile sulle trivellazioni) e quello costituzionale per approvare o respingere una riforma della Costituzione (come quello che andremo a votare in autunno). A queste tipologie si aggiungono i referendum regionali, comunali e provinciali che però sono legati e alle sole amministrazioni locali o alle fusioni tra enti.
Pertanto, nessun referendum in vista su questo tema. Ma di legittima difesa si parla ogni volta che ci scappa il morto e ci sono state negli ultimi tempi tre proposte di legge a riguardo. La prima che sta facendo litigare Pd e Ncd. Poi ce n’è una della Lega Nord per la “difesa legittima domiciliare”. E infine quella di iniziativa popolare che è stata presentata dall’Italia dei Valori per la libertà di difendersi in caso si venga aggrediti nella propria abitazione o negozio che ha raccolto 160mila firme. Ma una proposta di legge – che non è un referendum – non vincola assolutamente il Parlamento ad approvare una riforma di questo tipo, dal 1979 a oggi, infatti, sono state presentate circa 260 proposte di legge di iniziativa popolare e solamente 3 sono diventate legge.
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