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“È stato lui, l’ha uccisa così”. Saman Abbas, spuntano le parole del fratello: “Papà è svenuto quando ha capito”

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saman abbas strangolata zio

Saman potrebbe essere stata strangolata dallo zio. Questo emerge dopo la deposizione del fratello sedicenne della ragazza fatta ai carabinieri di Imperia, luogo dove il giovane è stato fermato. È la Gazzetta di Reggio a pubblicare nell’edizione odierna il riassunto del verbale. Danish Hasnain, l’uomo di 33 anni accusato dalla Procura di avere ammazzato Saman, in quella terribile notte tra il 30 aprile e il 1° maggio si muove con freddezza, facendo attenzione a non farsi riprendere dalle telecamere.

“Ora andate a casa, ora ci penso io” dice a un tratto ai genitori della diciottenne, Shabbar, 46 anni, e Nazia Shaheen, 47. “Tutto avviene sotto gli occhi del minorenne”, scrive la Gazzetta di Reggio. Il padre si sente male, ma al tempo stesso non può permettersi pentimenti, perché ritiene Danish capace di sterminare la famiglia. Del resto proprio a lui si erano affidati per risolvere il problema della figlia — “cocciuta e grintosa” secondo le assistenti sociali —, determinata a opporsi al matrimonio combinato da Shabbar in famiglia.

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Saman Abbas, il racconto del fratello

Quando Danish rientra in casa, non ha nulla in mano, da questo il sedicenne deduce che la sorella sia stata uccisa con lo strangolamento. Da qui in poi la storia la conosciamo: i genitori spariscono, rientrando in Pakistan, il sedicenne resta per qualche giorno solo con lo zio a Novellara.

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Anche Hasnain avrebbe mostrato segni di cedimento, arrivano a piangere e cercando — scrive sempre la Gazzetta — di rincuorare il ragazzo disperato per l’uccisione della sorella. Ma è qui che si vede il ‘mostro’ e gli ricorda che non deve dire nulla ai carabinieri sennò ammazza pure lui. E non gli dice nulla nemmeno quando il ragazzino gli chiede dove sia seppellita Saman, perché vorrebbe andare a trovarla un’ultima volta prima di fuggire.

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Poi c’è anche l’altro racconto, quello che fa il fidanzato di Saman agli investigatori del Reparto operativo diretto da Stefano Bove: “Non sono fiduciosa, se non mi senti per 48 ore avverti le forze dell’ordine”. Dalle carte si scopre anche che il ragazzo era stato minacciato dal clan Abbas. Addirittura l’atteggianento intimidatorio era rimbalzato anche ai suoi familiari in Pakistan.

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