Tra scioperi degli orchestrali, spettacoli annullati e minacce di liquidazione, il clima all’Opera di Roma è tesissimo da molti mesi. Ora l’addio di Riccardo Muti rende la situazione ancora più esplosiva. “Non ci sono le condizioni di serenità per portare avanti l’incarico” ha spiegato domenica il maestro, dando spazio agli strali del ministro della cultura Franceschini contro le “resistenze corporative e autolesioniste” e a quelli del sindaco Marino e del sovrintendente Fuortes contro le “continue proteste, la conflittualità interna e gli scioperi”. I grandi accusati sono Cgil e Flias, sindacati minoritari tra i dipendenti, ma capaci di mettere il bastone tra le ruote del piano di risanamento industriale presentato dall’amministrazione e già accettato da Cisl e Uil. Le dimissioni di Muti hanno rinfocolato lo scontro tra gli orchestrali, divisi tra le varie sigle: “Se n’è andato per colpa vostra”, “No, siete voi che volete svendere l’Opera”. Ora si cercano nuovi direttori, ma oltre che alla musica bisogna pensare ai conti: un buco da dodici milioni di euro da risanare se non si vuole chiudere il sipario.