Per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte sono stati condannati all’ergastolo Marco e Gabriele Bianchi. Sul Corriere della Sera sono stati ricostruiti i tentativi degli amici dei Bianchi, la “Gang dello scrocchio”, di provare a salvare i due fratelli dall’accusa di aver ucciso il ragazzo di Paliano. Le manovre per allontanare dai due fratelli la responsabilità dei colpi mortali inferti a Willy Monteiro Duarte iniziano sin da subito.
In auto con l’amico Vittorio Tondinelli, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, i Bianchi provano a riversare su questi due la colpa di quanto accaduto: “Ma che avete fatto?”. Una versione che il giorno dopo, ad arresto già avvenuto, proverà a sostenere anche il terzo fratello Bianchi, Alessandro – non coinvolto nell’indagine – che quella sera aveva prestato il suv a Marco e Gabriele e che li accoglie nel suo locale di ritorno dal raid. Sono state raccolte le testimonianze di Tondinelli, di Omar Sahbani e di Michele Cerquozzi. Sono i componenti, assieme ai due Bianchi, della chat “La Gang dello scrocchio”.
Omicidio Willy fratelli Bianchi, un piano da parte degli amici per scagionarli
Come riporta il Corriere, Tondinelli, Sahbani e Cerquozzi descrivono il colpo che sarebbe stato sferrato da Belleggia sul volto di Willy quando era già a terra: usano la metafora del “calcio di rigore”. Le parole di Cerquozzi e Sahbani servono per spiegare la diversa versione da loro fornita rispetto a quella di tanti altri testimoni che si erano spontaneamente presentati dai carabinieri: “Cerquozzi e Sahbani venivano sentiti dopo aver già appreso dalla stampa, e presumibilmente anche da Alessandro Bianchi, quale fosse stata la ricostruzione offerta a questo giudici dai due indagati (i fratelli Bianchi, ndr). Appare opportuno osservare come le convergenti dichiarazioni rese dai testimoni che si erano presentati spontaneamente e dunque certo non animati da interessi personali, rendano ferma confutazione alle ricostruzioni di Cerquozzi e Sahbani”.
Il gip giunge a una conclusione più netta grazie all’utilizzo di un episodio avvenuto durante i colloqui in carcere registrati dai carabinieri: “Alessandro e Marco Bianchi erano certamente avvertiti del rischio di essere intercettati e per tale ragione avevano ritenuto di strumentalizzare la conversazione rendendola un elemento di riscontro alla rappresentazione offerta nel corso degli interrogatori e indirettamente al tentativo di assegnare l’esclusiva responsabilità del fatto a Belleggia”. Gesti convenzionali, parole sillabate senza emettere suoni, sguardo alla ricerca di telecamere. Una versione insomma concordata affidata poi agli amici.
“Ne discende – scriveva ancora il gip – una valutazione di generale inattendibilità delle dichiarazioni rese dai due amici degli indagati”. Qualcosa in più è emersa nel corso del processo, conclude il Corriere. Infatti alcuni testimoni anche tra gli amici di Willy Monteiro sarebbero stati avvicinati per convincerli di aver visto male quanto accaduto a causa del buio e della confusione.