“Disturbo dell’identità sessuale”, questa la diagnosi in base alla quale a un giovane siciliano fu ritirata la patente. I fatti risalgono al 2001, quando Danilo Giuffrida all’epoca ventenne, si era sottoposto alla visita medica di leva all’ospedale militare di Augusta, e lì aveva dichiarato di essere omosessuale. Era stato esonerato dal servizio e qualche mese dopo la Motorizzazione civile di Catania gli aveva notificato il provvedimento di revisione della patente di guida, richiedendo una nuova visita medica di idoneità. Il provvedimento era stato disposto dopo che l’ospedale militare aveva inviato una comunicazione per verificare l’esistenza dei requisiti psico-fisici alla guida. Il ragazzo si rivolse quindi al tribunale chiedendo un risarcimento di mezzo milione di euro. Il giudice di primo grado aveva accolto l’istanza, disponendo però un risarcimento più basso, di 100mila euro. Con l’appello dei due ministeri, la corte catanese aveva ancor più ridotto la cifra abbassandola a 20mila euro, ritenendo “esorbitante” la somma del primo grado. Adesso la Cassazione ha disposto la riapertura del caso e che al ragazzo venga dato un congruo risarcimento. . “Nonostante il malaccorto tentativo della Corte territoriale di edulcorare la gravità del fatto, riconducendola ad aspetti endo-amministrativi”, è innegabile – scrive la Suprema Corte – che “la parte lese sia stata vittima di un vero e proprio (oltre che reiterato) comportamento di omofobia”. E’ quindi certa “la gravità dell’offesa”, fatto rilevante per la quantificazione del danno.