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I cinque motivi della guerra Renzi-Camusso

Matteo Renzi e Susanna Camusso sono protagonisti di uno scontro non finto, ma fondato su convinzioni e interessi concretissimi. Al di là delle contumelie reciproche, ecco una sintesi in 5 punti della sfida fra Palazzo Chigi-maggioranza PD e Cgil-minoranza Pd-vendoliani.



1) Renzi pensa che il vero problema sia liberalizzare il mercato, sia in entrata (contratti a termine, contratto a tutele crescenti) sia in uscita (abolizione art. 18 e indennizzo al posto del reintegro), perché solo così le imprese potranno assumere. Camusso pensa che il mercato del lavoro libero sia solo la scorciatoia per un lavoro “usa e getta”.
2) Renzi punta tutto sulle “tutele crescenti”, cioè un modello che nel tempo ha avuto molti sostenitori (Boeri-Garibaldi, Rossi, Ichino) e che prevede assunzioni che diventano a tempo indeterminato in modo graduale. Camusso, che già diffida di questo schema, lo ritiene micidiale se associato all’abolizione dell’articolo 18: “Il contratto a tutele progressive è una presa in giro se alla fine le tutele vengono cancellate”, dice la minoranza Pd.
3) Renzi è convinto che, se parliamo di giustizia sociale, il vero mostro sia la divisione per caste: i supergarantiti a tempo indeterminato, i precari, i “paria” che non trovano più lavoro perché espulsi dal mercato o perché giovani che non ci sono mai entrati. Camusso non nega che questa sia un’ingiustizia, ma pensa che la via per rimuoverla sia estendere le garanzie a tutti combattendo la flessibilità e i contratti meno garantiti.
4) Renzi sente che il mandato del suo governo è sbloccare le incrostazioni che paralizzano la crescita e vede il sindacato come un portatore di interessi egoisti e corporativi: “difendete non le persone ma le ideologie” (e i vostri tesserati). Camusso vede in Renzi l’espressione della tecnocrazia europea che impone uno scambio: tu smantelli il welfare italiano e io ti allento i parametri.
5) Sullo sfondo ci sono anche le pensioni, il capitolo più rigido della spesa pubblica italiana. Renzi capisce che per trovare soldi non può più rivolgersi a chi lavora, quindi dovrà toccare chi non lavora (i “diritti acquisiti”), dove peraltro si annidano le iniquità del sistema retributivo. Camusso pensa che questa sia la trincea finale non delle relazioni sindacali, ma della stessa civiltà. Altro che la cultura “anni ‘70” di cui sono accusati lei e la Cgil: senza articolo 18 e toccando le pensioni, l’Italia torna all’800.

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