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Greta e Vanessa, “vicenda torbida”: Belpietro processa le due cooperanti

  • Italia

Ci son ocose che non tornano nella vicenda di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due cooperanti rapite in Siria e poi liberate. La Rete è il principale forum nel quale le due ragazze vengono criticate. Oggi è Maurizio Belpietro che le “processa” su Libero.  Comincia con la polemica sul presunto riscatto pagato, quei 12 milioni di euro che, però, la Farnesina smentisce. Secondo Belpietro la vicenda è tutt’altro che archiviabile e necessita di ulteriori approfondimenti, soprattutto dopo la rivelazione di una serie di antefatti. Spiega che un articolo del Fatto quotidiano dava conto dell’esistenza di una informativa dei Ros sulla missione siriana di Vanessa e Greta. Non un rapporto compilato dopo la sparizione delle due ragazze, ma una nota predisposta prima della partenza. Perché, si chiede il direttore di Libero, l’Arma si occupava di due esponenti di un’organizzazione non governativa intenzionate a partire per la Siria? “Perché le due entrano in contatto con un pizzaiolo emiliano che i Ros tengono d’occhio ritenendolo un militante islamico. Così, per caso, intercettano Vanessa e Greta che si mettono d’accordo con il tipo e a lui raccontano nel seguente ordine due cose: di voler partire per la Siria per consegnare kit di pronto soccorso alla popolazione civile ma anche ai combattenti islamici, così che gli oppositori al regime di Assad possano curarsi in caso di ferite”. Greta – aggiunge Belpietro – in una conversazione spiega di godere di una specie di lasciapassare, in quanto sostenitrice della rivoluzione e protetta dall’Esercito Libero. “La ragazza non dice al telefono di essere in contatto con gente dello stato islamico, anzi, assicura che quelli dell’Esercito Libero non impongono neppure il velo alle donne. Come è finita si sa, con un sequestro che le ha consegnate nelle mani di una banda vicina ad Al Qaeda, cioè l’organizzazione che poi l’avrebbe rapita. Nell’articolo si fa cenno anche a un universitario in collegamento con i ribelli ed anche ad un medico”.

(continua dopo la foto)


Dunque, viene da pensare che sul territorio italiano operano dei militanti che inviano denaro e aiuti ai combattenti islamici. Scrive Belpietro: “Vanessa e Greta non sono partite per la Siria per andare ad aiutare i bambini, per lo meno non solo: in Siria sono andate per consegnare kit di pronto soccorso ai miliziani, che se non è un aiuto a chi combatte poco ci manca”. “Le giovani appoggiavano la rivoluzione e consegnando i medicinali volevano contribuire materialmente a sostenerla. Se sono finite nelle mani di tagliagole che le hanno rapite e segregate per più di cinque mesi, liberandole solo in cambio di un riscatto multimilionario, è perché qualcuno dei loro amici le ha tradite. Ne consegue che i carabinieri sapevano tutto, del viaggio e anche dei contatti con i militanti islamici, ma nessuno ha fatto niente, lasciando partire le ragazze e dunque facendole finire nelle mani dei rapitori. Non solo: qualcuno in Italia si dà addirittura da fare per agevolare la partenza e poi forse per agevolare anche il sequestro, così che la fiorente industria dei rapimenti ad opera dei militanti islamici possa prosperare e soprattutto finanziare la guerriglia e il terrorismo“. Infine, “risulta evidente da questo rapporto che molte delle organizzazioni non governative in apparenza dicono di voler aiutare chi soffre, ma nella sostanza hanno rapporti poco trasparenti con chi combatte. Altro che ragazzine finite in un gioco più grande di loro. Greta e Vanessa pensavano di fare la rivoluzione e invece sono finite in una prigione dalle parti di Aleppo, perché la rivoluzione non è un pranzo di gala e se poi è islamica si va a pranzo con il boia”.

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