Folle corsa contromano in tangenziale, secondo Elvira Reale, la responsabile dello sportello antiviolenza dell’ospedale San Paolo di Napoli, il fidanzato di Livia Barbato voleva ucciderla: ”Quanto ha fatto è un chiaro indicatore di tentata violenza su una donna – si legge sul sito Leggo.it -. L’alcol? Non c’entra nulla. Si tratta di un tentato femminicidio”. Secondo la nota psicologa, quindi, la morte della fotografa non sarebbe avvenuta per un errore dovuto alla corsa di un uomo ubriaco.
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”Appena ho sentito la dinamica dei fatti – spiega la Reale – ho capito che si trattava di violenza psicologica finalizzata all’uccisione della donna. Guida spericolata e a fari spenti nel 10 per cento dei casi è un indicatore di tentato femminicidio per terrorizzare la vittima e ottenere da lei una sorta di accomodamento”. Quella messa in atto da Aniello Mormile, il 29enne accusato di duplice omicidio volontario, sarebbe stata una tecnica psicologica, dunque, per terrorizzare la partner, a detta della psicologa.
Ma allora la domanda sorge spontanea: perché avrebbe voluto uccidere la fidanzata? ”I familiari della vittima – continua Elvira Reale – hanno parlato di ‘amore assoluto‘. Ma questa frase ha già in sé insita l’idea sbagliata di possesso e gelosia. Non è amore un ‘amore assoluto’. Lui cercava lo scontro per ucciderla. C’è stata intenzionalità e il fatto che fosse ubriaco non c’entra niente. La dinamica si evince dal fatto che lei si è rifugiata dietro, perché sapeva in quel momento di essere in pericolo. E lui voleva farla sentire remissiva nei suoi confronti, per poi mettere in pratica il suo disegno criminale”.
La psicologa conclude poi con un appello rivolto ai parenti e agli amici della coppia: ”Chi sa parli, specie i genitori. Solo l’analisi del contesto della loro relazione sentimentale potrà far luce su quanto avvenuto. Ma attendiamo ovviamente le indagini della Procura”.